Sapiens matrona : Trotula

Siccome le donne sono per natura più fragili degli uomini, sono anche più frequentemente soggette a indisposizioni, specialmente negli organi impegnati nei compiti voluti dalla natura. Siccome tali organi sono collocati in parti intime, le donne, per pudore e per innata riservatezza, non osano rivelare a un medico maschio le sofferenze procurate da queste indisposizioni. Perciò la compassione per questa loro disgrazia e, soprattutto, la sollecitazione di una nobildonna mi hanno indotto a esaminare in modo più approfondito le indisposizioni che colpiscono più frequentemente il sesso femminile.”

De passionibus mulierum ante, in et post partum, Trotula



La scuola medica in una miniatura del Canone di Avicenna  


Si pensa solitamente che il Medioevo sia tutto al maschile, un periodo cioè in cui solo gli uomini, per guerra o per scienza, si sono distinti agli onori della cronaca.

Sbagliato!

Oggi voglio parlarvi di una donna che fece dello studio della medicina la sua ragione di vita. Vi presento Trotula. In lei storia e leggenda, scienza e magia si confondono contribuendo ad alimentarne il fascino della vita misteriosa.

Secondo quanto ci narra Bernardo di Provenza nel "Commentarium super tabulas Salerni" ( seconda metà del XII secolo) nel contesto culturalmente vivo della Scuola medica salernitana, vi era un nutrito numero di donne, le mulieres salernitanae . La loro esistenza, rimasta anonima, potrebbe coincidere con quella di alcune figure femminili altrettanto esperte in medicina , vissute probabilmente a Salerno tra il XIII e il XV secolo come Abella (autrice dei trattati Sulla bile nera e Sulla natura del seme umano) o Rebecca Guarna ( autrice di opere Sulle febbri, Sulle orine e Sull’embrione). Purtroppo Bernardo , per quanto ci informi con dovizia sulle ricette di queste mulieres, accusandole  talvolta di ciarlataneria, sembra ignorare proprio il nome di Trotula, che ne sarebbe stata la prima e più famosa esponente . La fama e il mito di Trotula e delle mulieres in generale, sarebbero cresciute nel bene o nel male anche in virtù di tutte quelle calunnie che continuarono a circolare su di loro tra il XIII e il XIV secolo. Ad esempio, anche il celebre medico e scienziato spagnolo Arnaldo da Villanova ne deplorava l'operato , considerandole fattucchiere e non levatrici. Al di là di tutto, specialmente durante il tardo Medioevo, Trotula divenne una autorità indiscussa nel campo dei disturbi , delle malattie e della cosmesi femminile. La sua fama si diffuse rapidamente sia fuori Salerno sia dall’Italia. Ad esempio, nei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, la Donna di Bath racconta come il suo quinto marito, il chierico Jankin, amasse sfogliare con grande piacere una antologia di vari autori tra cui spiccava il nome di Trotula.



Trotula de Ruggiero


Gli studi su Trotula sono recenti: risalgono alla metà del XIX secolo ed hanno contribuito in maniera decisiva a concretizzarne storicamente la figura e chiarirne la vita e la famiglia di origine. Trotula sarebbe nata a Salerno dalla nobile famiglia de Ruggiero , in vista intorno al 1050. Moglie del celebre medico Giovanni Plateario il vecchio, gli diede due figli , medici anch'essi ( i celebri Magistri Platearii). Sarebbe lei la dotta ricordata da Orderico Vitale nella sua Storia Ecclesiastica a proposito del soggiorno a Salerno del nobile normanno Rodolfo Malacorona nel 1059 , monaco ma ancor prima studioso di medicina , che si sarebbe confrontato con una "sapiens matrona" che non aveva nessuno "che fosse in grado di tenergli testa nella scienza medica ". Nei secoli XIII e XV, quando la sua fama aveva raggiunto l'apice , a Trotula venivano comunemente attribuite due opere: il Trotula minor ovvero il De ornatu mulierum (Come rendere belle le donne) e il Trotula maior ovvero il De passionibus mulierum ante, in et post partum (Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto) . 

Il primo è un trattato di cosmesi, con consigli per conservare e valorizzare la propria bellezza, curandone le malattie della pelle. Ad esempio l'opera fornisce consigli su come eliminare le rughe e i peli superflui, restituire il candore ai denti o rendere la pelle bianca e rosea, libera da lentiggini e impurità. Inoltre si elencano i metodi per eliminare il gonfiore dal volto o le borse dagli occhi, come guarire le screpolature di labbra e gengive, come truccarsi il viso e le labbra:

"Le donne di Salerno pongono una radice di vitalba nel miele e poi con questo miele si ungono il viso, che assume uno splendido colore rosato. Altre volte per truccarsi il viso e le labbra ricorrono a miele raffinato, a cui aggiungono vitalba, cetriolo e un po’ di acqua di rose. Fa’ bollire tutti questi ingredienti fino a consumarne la metà e con l’unguento ottenuto ungi le labbra durante la notte, lavandole poi al mattino con acqua calda. Questo rassoda la pelle delle labbra e la rende sottile e morbidissima, preservandola da qualsiasi screpolatura; se essa è già screpolata, la guarisce. Se poi una donna vorrà truccarsi le labbra, le strofini con corteccia di radici di noce, coprendosi i denti e le gengive con del cotone; poi lo intinga in un colore artificiale e con esso si unga le labbra e l’interno delle gengive."

Di grande interesse il secondo passaggio, dedicato alla creazione dei colori artificiali poichè si rimanda a metodi in uso presso i Saraceni, testimoniando la grande apertura culturale della scuola salernitana.

"Il colore artificiale va preparato così: prendi quell’alga con cui i Saraceni tingono le pelli di verde, falla bollire in un vaso d’argilla nuovo con del bianco d’uovo finché sarà ridotta a un terzo, poi colala e aggiungi prezzemolo tagliato a pezzetti, fa’ bollire di nuovo e lascia di nuovo raffreddare. Quando sarà il momento, aggiungi polvere di allume, mettilo in un’anfora d’oro o di vetro e conservalo per l’uso. Questo è dunque il modo in cui si truccano il viso le donne saracene: quando l’unguento si è asciugato, per schiarire il viso vi applicano qualcuna delle sostanze suddette, come l’unguento di cera e olio, o qualcos’altro, e ne risulta un bellissimo colore, misto di bianco e rosato."

Altrettanto interessante, in quanto si basa su un episodio che sembrerebbe direttamente vissuto,  il rimedio suggerito per ovviare al problema del cattivo alito: "Ho visto una donna saracena liberare molte donne dall’alito cattivo ordinando loro di tenere sotto la lingua un medicamento ricavato da un po’ di foglie di alloro e da un po’ di muschio. Da parte mia raccomando alle donne di tenerlo sotto la lingua giorno e notte, soprattutto in previsione di rapporti sessuali con un uomo".


Ippocrate (a destra) e Galeno in un affresco della Cripta 
della Cattedrale di Anagni (XIII secolo) 


Il De passionibus mulierum è invece un manuale di ostetricia, ginecologia e puericultura, di cui circolavano, nei numerosi manoscritti che l'hanno tramandato, due differenti versioniLa voce di Trotula sarebbe quindi stata autorevole fonte in campo medico tanto da comparire in un manoscritto anonimo (oggi perduto o distrutto) datato tra XII e XIII secolo, scoperto nel 1837 nella polacca Wrocław. Il trattato intitolato De aegritudinum curatione ( La cura delle malattie) si divideva in due parti nelle quali si presentavano una lista di malattie conosciute e le possibili cure. A questo proposito, il testo riportava le opinioni di sette celebri esponenti della Scuola salernitana : Giovanni Plateario, Cofone, Petronio, Afflacio, Bartolomeo, Ferrario e Trotula. Naturalmente la dottrina su cui si basava il trattato era quella ippocratica degli umori1, legata a quella degli elementi nel cosmo. A differenza di Ippocrate, la medicina salernitana sulla scia di Galeno riteneva che il compito principale del medico fosse quello di combattere i sintomi della malattia, allontanandone dal corpo la causa. E per questo doveva essere scrupoloso il rapporto con il paziente ben schematizzato in tre fasi ( l' anamnesi ,il riconoscimento dei segni del male attraverso visita diretta , la diagnosi attraverso l' esame dell’orina del paziente e lo studio dei dati che il medico ha a disposizione e infine la prognosi con cura annessa ). Tal procedimento è ben descritto in un codice prodotto in area italiana nei primi del secolo : "Non visiterai tutti i malati con unico criterio; al contrario, se vuoi imparare onestamente, ascolta. Non appena sarai al capezzale del malato, domandagli se per caso sente dolore da qualche parte; e se dirà che prova un certo dolore, torna a domandargli se il dolore è acuto o meno, continuo o intermittente. Poi gli tasterai il polso, per vedere se ha o no la febbre, se infatti ha un qualche dolore, gli troverai il polso fluido e affrettato; e gli domanderai se quel dolore gli è venuto con sensazione di freddo e se ha difficoltà a dormire; e interrogalo per sapere se è il male che gli provoca l’insonnia, o qualche altra causa, e se emette feci e orina regolarmente; e le esaminerai entrambe per vedere se il malato è in pericolo di vita, sempre che si tratti di affezione acuta. Perché, se si tratta di un male lento, non ne caverai alcun indizio; ma domanda quando la malattia è cominciata, e cosa dicono i medici che l’hanno visto in precedenza, se furono tutti concordi, oppure di opinione diversa. E domanda come si sente quanto a condizioni generali del corpo, se prova freddo o altre sensazioni del genere, oppure se soffre di diarrea, o se prova sonnolenza, e se la malattia è continua o meno, e se ha già avuto qualche altra volta simili disturbi; perché quando ti sarai informato di tutte queste cose, ti sarà facile scoprirne la causa e la cura non ti sarà difficile."Questo era anche il procedimento adottato da Trotula con le sue pazienti come ben si evince nella lettura de Le malattie delle donne, in relazione alle complicazioni che possono insorgere dopo il parto. Attraverso l’accurata anamnesi e la conseguente diagnosi , Trotula riuscì ad individuare la causa del male che affliggeva la sua paziente e conseguentemente la giusta terapia da somministrarle, evitando l’intervento chirurgico proposto erroneamente e drasticamente dai colleghi maschi.


                                     Il De ornatu mulierummanoscritto del XV secoloMusée national du Moyen Âge




Sono fino ad oggi noti circa un centinaio di manoscritti di età compresa tra il XIII e il XIV secolo contenenti, in tutto o in parte, i suoi trattati disposti poi in successione arbitraria nell'edizione curata e stampata da Georg Kraut a Strasburgo nel 1544. Le edizioni seguenti, quasi tutte del XVI secolo, riprodussero in sostanza questo testo finchè l'editore Hans Kaspar Wolff, nel volume Harmonia gynaeciorum (Basilea , 1566), negò a Trotula la paternità del De passionibus mulierum attribuendola piuttosto ad un improbabile Eros, un liberto di Giulia minore, figlia di Augusto. Da qui, la diatriba filologica : alcuni arrivarono a negare che Trotula fosse una donna e che le abbreviazoni Tt’ o Trott’, presenti nel medesimo manoscritto, fossero riferite ad un certo Trottus , un maschio, oppure, quelli tra loro più fantasiosi, alla Dame Trot del folklore inglese . Ma c’è di più: l’esame della lingua e dello stile dei tre trattati attribuiti a Trotula presentano stili diversi  (forse  opera di autori differenti ) e hanno disparati destinatari. Questa aspra diatriba ha suscitato ampie critiche, specie dalle fila femministe che l' hanno denunciata come aperta provocazione maschilista per cancellare l’identità di un personaggio scomodo proprio in quanto donna. Grazie all'analisi di un manoscritto madrileno (Biblioteca de la Universidad Complutense 119 [ex 116-Z-31]), databile al XIII secolo , copiato da uno scriba proveniente dalla Francia settentrionale o dall’Inghilterra, che si conclude con la Practica secundum Trotam o secundum Trotulam, con alcuni brani contenuti anche nel codice perduto di Wrocław, si è scoperto che il nome latino Trota o Trocta era molto diffuso nell’Italia meridionale tra XI e XIII e Trotula è da considerarsi un suo diminutivo. Il citato brano de Le malattie delle donne in cui Trotula sottrare ad un inutile intervento una paziente, è testimonianza dell’esistenza di una Trotula che, pur non essendo magistra, godeva dell’unanime stima popolare, al punto da essere definita quasi magistra. A questa Trotula va dunque attribuito senza alcun dubbio il breve e semplice trattato di pratica terapeutica tramandatoci dal manoscritto di Madrid.
Il testo , scritto in uno stile meno dotto degli altri e più affine al modo pratico di chi fa della medicina pratica quotidiana, comincia illustrando cosa fare per provocare le mestruazioni nelle donne che non possono concepire, prescrivendo terapie per i più consueti disturbi femminili, fornendo consigli di puericoltura e ricette di bellezza. Ma non mancano i suggerimenti che riguardano i malesseri comuni che colpiscono anche gli uomini come vomito , pazzia, malattie della pelle o morsi di serpente. L'opera, risale al pieno XIII secolo, ovvero il periodo in cui nacque  la Trotula leggendaria fondendosi poi con quella storica.Il docente e storico Ferruccio Bertini ritiene a questo punto attribuibile a Trotula il contenuto del manoscritto madrileno mentre i due trattati che solitamente le sono attribuiti ( il Trotula Maior e Minor) , anche se scritti da terzi, sarebbero in ogni caso ispirati alle sue teorie, ai principi fondamentali della sua dottrina.

"Se il parto si presenterà difficile, prima di tutto bisogna appellarsi all’aiuto di Dio. Poi, passando ai rimedi umani, a una donna che incontra difficoltà nel parto giovano i bagni in acqua dove siano stati cotti malva, fieno greco, seme di lino e orzo. Le si ungano i fianchi, il ventre, le cosce e l’inguine con olio di viole e di rose. La si strofini energicamente e le si dia da bere un infuso di acetosella con polvere di menta e una dracma di assenzio. La si faccia sternutire accostandole al naso polvere d’incenso, oppure di candisio, di pepe o di euforbia."
( De passionibus mulierum dal cap. XVIII: Il parto difficile).

Nella concezione medica di Trotula, benché superiore a quella dei colleghi maschi, si scorge una certa dipendenza non solo dalle teorie di Ippocrate e Galeno ma anche da quelle della medicina e della scienza antica. Come Platone nel Timeo, anche Trotula rivedeva nell’utero un animale indipendente dall’organismo ospitante . "Talvolta l’utero viene strozzato, altre volte si solleva verso l’alto, causando rovesciamento di stomaco e perdita di appetito, dovuta all’indebolimento cardiaco. Talvolta le donne soffrono di sincopi e il polso si affievolisce talmente che in pratica non lo si sente più; e la causa è sempre la stessa. Talvolta la donna cade in preda a convulsioni tali per cui il capo va a toccarle le ginocchia, le manca la vista, perde la capacità di parlare, le si torce il naso, le si comprimono le labbra, digrigna i denti e il petto le si solleva più del solito."
( De passionibus mulierum dal cap. IV: L’utero strozzato).

Nel De passionibus mulierum si evince il massimo rispetto per le scelte e le condizioni di vita altrui e i vari casi sono affrontati con grande discrezione e delicatezza. Ad esempio, nel capitolo XXXVI, dedicato a Le donne grasse e le donne magre: "Ci sono donne cui non sono consentiti rapporti sessuali, vuoi perché hanno fatto voto di castità, vuoi perché sono legate dalla condizione religiosa, vuoi perché sono rimaste vedove. A certune, infatti, non è consentito di cambiare condizione e poiché, pur desiderando il rapporto sessuale, non lo praticano, sono soggette a gravi infermità. Per esse dunque si provveda in questo modo: prendi del cotone imbevuto di olio di muschio o di menta e applicalo sulla vulva. Nel caso che tu non disponga di quest’olio, prendi della trifera magna e scioglila in un po’ di vino caldo e applicala sulla vulva con un batuffolo di cotone di lana. Questo infatti è un buon calmante e smorza il desiderio sessuale placando dolore e prurito". Natura e morale non vanno sempre d’accordo, ma Trotula è consapevole del fatto che l’astinenza non giova alla salute . Per certi aspetti nel De passionibus mulierum si può forse cogliere l’influenza della medicina araba, secondo la quale "non est turpe medico cum loquitur de magnificatione virgae et coangustatione receptricis et delectatione mulieris" ovvero "non è disdicevole per un medico discutere sul modo di rendere più grande il pene o più stretta la vulva, o di assicurare il piacere alla donna" (Avicenna, Liber canonis, Venetiis 1507, [rist. anast. Hildesheim 1964], lib. III, sen. XX, tract. II, cap. 44, fol. 358 ra-b).
Infatti, in Trotula, la pratica della medicina, sempre accurata e acuta, si mantiene su un piano sempre rigorosamente medico sottraendosi al tentativo di inquadramento moralistico della teologia scolastica.

Interessanti i capitoli dedicati alla gravidanza , al parto e alla puericoltura rivelanti l’esperienza di una donna forse sposata e con figli, conscia delle cause della sterilità e dei pericoli del parto, fornita di una cultura medica superiore a quella di una levatrice o di una balia, personale sì qualificato ma subordinato, sul quale Trotula dona precise istruzioni: "La balia deve essere giovane, di colorito chiaro, bianca e rossa, non troppo vicina né troppo lontana dal parto. Non deve avere macchie sulla pelle e neppure avere le mammelle flaccide o troppo grosse; il petto invece deve essere ampio e robusto. Sia moderatamente grassa. Non mangi cibi salati, né piccanti, né astringenti, non porri, né cipolle, né tutte quelle spezie che si mescolano ai cibi per insaporirli, come il pepe, l’aglio, la rucola; eviti specialmente l’aglio, ma eviti anche di affannarsi e si guardi dal provocarsi le mestruazioni".

(De passionibus mulierum dal cap. XIX: La scelta della balia).

Ai sistemi contraccettivi indicati di tipo magico scaramantico di dubbia efficacia ( appendersi al collo o di tenere in bocca una speciale pietra detta gagates, tenere in seno i testicoli di un maschio di faina avvolti in pelle di oca, inserire in loco dei chicchi d’orzo ) si alternano i rimedi per quelle donne che, nel corso del precedente parto hanno subito lacerazioni perineali ( curate con polvere di radice essiccata di erba consolida maggiore, comino e cannella) oppure hanno vissuto un parto burrascoso per mancanza di assistenza. A questi capitoli dedicati al parto e alla puericultura , seguono quelli dedicati ai vari disturbi (degli occhi, il  mal della pietra, la dissenteria, la scabbia delle cosce e delle mani, il cancro, il gonfiore dei piedi, del pene e dei testicoli, i vermi, la sordità, le tonsille, le emorroidi, il mal di denti, le fistole ) ed infine alla cura dei capelli.

"Ecco un unguento per far diventare i capelli biondi: prendi il cuore della corteccia di sambuco, fiori di ginestra e di zafferano e tuorlo d’uovo; falli cuocere in acqua, raccogline la schiuma che viene a galla e ungine i capelli. Ed eccone un altro per schiarirli: chiudi il maggior numero possibile di api in una pentola nuova, scottale sul fuoco, impasta con olio e ungi i capelli con questo preparato. Ma lo stesso risultato puoi ottenere tritando degli anemoni e mescolandoli con latte di capra [...]. Se poi una donna desidera avere i capelli lunghi e neri, prenda una lucertola verde e, dopo averle mozzato testa e coda, la cuocia in olio comune e si unga la testa con quest’olio, che rende i capelli lunghi e neri."




1 Secondo tale dottrina, in base alla sistemazione propostane da Galeno, nel corpo umano vi sono quattro umori: il sangue, che è caldo e umido come l’aria e prevale in primavera; il flegma, che è freddo e umido come l’acqua e prevale in inverno; la bile gialla, che è calda e secca come il fuoco e prevale in estate; e la bile nera, che è fredda e secca come la terra e prevale in autunno. Nei bambini abbondano insieme sangue e bile gialla, nei giovani la bile nera, negli adulti il sangue e nei vecchi il flegma. Il prevalere di uno dei quattro umori sugli altri condiziona il carattere degli individui, determinandone il temperamento. Gli uomini possono quindi essere sanguigni, collerici, melanconici o flemmatici. La buona salute dell'individuo , secondo tal teoria , è determinata dalla loro mescolanza equilibrata, cioè il temperamentum. Al contrario, l’eccesso o il deterioramento di questi umori provoca l’insorgere della malattia. 


Bibliografia:
F. Bertini, Trotula, il Medico in "Medioevo al Femminile" di F. Bertini, F. Cardini, M. Fumagalli Beonio Brocchieri, C. Leonardi, cap V, pp. 120 – 140.






Commenti

Post più popolari