Questione di stile: Simbolismo e società nel Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck

 

Jan Van EyckRitratto dei coniugi Arnolfini, 1434, olio su tavola, 81,8 × 59,7 cm. Londra, National Gallery



Nel Quattrocento "l'amore diffuso per il lusso e l'eleganza si espande in una epoca tra le più amare della storia d'Europa. Al progressivo dissesto economico si univano il declino del potere e del prestigio delle grandi auctoritates medievali, il Papato e l'Impero, sui quali i movimenti innovatori non erano in grado di produrre una azione incisiva. Anche la cavalleria e la feudalità , che mantenevano ancora un altissimo prestigio come modelli di vita e di comportamenti, erano da tempo prive di un ruolo attivo ed attuale."1

Accanto ad un evidente malessere sociale ben concretizzato nelle celebri rivolte dei Ciompi, dei Lollardi e dei tessitori fiammighi scoppiate a fine Trecento e immancabilmente represse, assistiamo alla ripresa economica della borghesia, alla diffusione di un sentimento religioso più intimista e di una particolare diffusione culturale unita alle nuove scoperte.

Infatti, nonostante le guerre e i problemi sociali presenti, in generale il Quattrocento è l'epoca di Gutemberg e della stampa a caratteri mobili, della scoperta delle Azorre nel 1431 ad opera di Enrico il Navigatore, di nuove nozioni scientifiche e tecnologiche, della specializzazione delle botteghe artigianali di avorio , di preziosi e di arazzi sollecitati da una committenza elevata, dal contributo intellettuale di uomini come Lorenzo Valla , colui che sfatò l'autenticità della Donazione di Costantino nel 1440. Dal punto di vista prettamente artistico vedremo più poli di espressione, per un iter complesso ed affascinante.

Infatti, se l'Europa e l'Italia saranno investite dal fenomeno del Gotico Internazionale, Firenze , forte dei suoi successi economici e politici, riscopriva le sue origini romane ad opera di Brunelleschi, Donatello e Masaccio, riappropriandosi della tradizione classica come fonte di ispirazione e creazione originale, diventando così il centro propulsore del Rinascimento.

Ma non solo.

Anche l' ambito fiammingo fu importante centro culturale europeo.

La scoperta del reale propugnata da Masaccio a Firenze trova un corrispettivo cronologico nell'opera del maestro belga Jan Van Eyck2.

Come Masaccio, anch'egli si pose il problema della realtà.

Mentre il maestro toscano operò una sintesi attraverso il chiaroscuro , cogliendo l'essenza delle cose in una unitaria visione prospettica, il nostro Van Eyck procedeva per analisi, analizzando i singoli dettagli, operando tramite sapienti velature di colore. Lo spazio, nelle sue opere, diventa sovrano: l'orizzonte alto, tipico della pittura fiamminga, comprende anche chi guarda come se fosse dentro la scena. La presenza di finestre oltre a conferire quell'idea di luce che dona corpo ai vari elementi ritratti, unifica il lontano e il vicino, espandendosi attraverso fonti luminose diverse, moltiplicando ombre e riflessi, differenziando le superfici ( metalli, legni, oggetti o vesti in stoffa, in pelliccia).

Tutte queste caratteristiche proprie del modus operandi del maestro sono espresse nel celebre Ritratto dei coniugi Arnolfini , dall'artista firmato ("Johannes de eyck fuit hic"), eseguito nel 1434 per Giovanni Arnolfini, facoltoso commerciante lucchese stabilitosi nelle Fiandre. Giovanni e la consorte, protagonisti di questa tela, posano in tutta la loro opulenza davanti a noi, vestiti riccamente, all'interno del loro nido domestico. Egli è l'esponente di quella borghesia mercantile e imprenditoriale in grande ascesa economica. Infatti, proprio "gli italiani, in questo momento, dominano il commercio internazionale di cui i Paesi Bassi sono uno dei poli, soprattutto per quel che riguarda l'industria tessile"3.


Ma quale messaggio ci vuole comunicare questa opera?

"Volendo adottare una terminologia rigorosa [...] dobbiamo distinguere tre gradi di soggetto o di significato, dei quali il primo è comunemente confuso con la forma e il secondo è il campo specifico dell'iconografia contrapposta all'iconologia. Ad ognuno di questi gradi, le nostre identificazioni ed interpretazioni dipenderanno dalla nostra soggettiva attrezzatura e proprio per questo dovranno essere integrate e corrette da uno studio dei processi storici il cui insieme può essere chiamato tradizione."4

Ci serviamo di questa breve descrizione del Panofsky, celebre storico dell'arte del Novecento, per introdurre il metodo di lettura delle arti visive da lui sviluppato consistente in tre livelli di descrizione.

Applicheremo questo metodo alla lettura del Ritratto dei coniugi Arnolfini del maestro Van Eyck.

Il primo livello, del soggetto primario, evidenzia tutti gli elementi e le forme presenti nella raffigurazione. Cosa vediamo? Un uomo e una donna in dolce attesa nella loro stanza privata. Infatti notiamo un letto dalla spalliera riccamente intagliata. Oltre ai motivi decorativi che la ornano, segnaliamo una statuina femminile accanto alla quale è appoggiata una piccola scopa. Anche la poltroncina al lato del talamo presenta delle piccole sculture raffiguranti felini. Altri elementi che si notano sono: un ricco candelabro con una sola candela accesa, uno specchio, un rosario, una cassapanca con frutti , un tappeto , due paia di scarpe ( le cosiddette pianelle molto in voga nel XV secolo negli ambienti ricchi) e infine una finestra aperta su un probabile giardino. Ai piedi della coppia è presente un cagnolino.


Il secondo livello, quello secondario, ci suggerisce lo studio dei tipi, cioè della modalità in cui si esprimono temi e concetti nelle diverse condizioni storiche attraverso oggetti ed eventi. Qui si esprime la solennità della famiglia Arnolfini, la sua ricchezza, la sua opulenza. Questa opera è un vero e proprio testamento per Giovanni da lasciare alla sua discendenza, con il quale attesta l'importanza della sua famiglia costruita tramite un sapiente intuito imprenditoriale.

Ad un terzo livello, quello più aulico per il Panofsky, collochiamo il contenuto legato alla cultura, alla filosofia, alla religione di una società.

In questo caso il contenuto è da individuarsi nel ruolo sociale ed economico della famiglia e soprattutto del matrimonio nella società fiamminga del Quattrocento.

Come dicevamo, l' Arnolfini, aulico esponente della borghesia commerciale, è un italiano d'ingegno riuscito a dominare il commercio internazionale, stabilendosi nei Paesi Bassi, fulcro della sua fortuna. I suoi affari sono ricordati dal lussuoso tappeto presente nell'opera mentre la sua ricchezza dalla costosa vetrata ad "occhi di bue" .

Non solo imprenditore ma soprattutto uomo, marito e futuro padre.

Nell'opera Giovanni è ritratto con un palmo sospeso nell'atto del giuramento matrimoniale mentre con l'altra mano prende delicatamente quella della moglie che lo guarda devota , accarezzandosi il ventre in attesa della venuta di un erede. Entrambi sono scalzi per sottolineare la sacralità e la ritualità del giuramento matrimoniale , sancito dalla presenza della grazia divina (l'unica candela accesa) e del rosario. Anticamente i promessi sposi usavano regalarlo alle future mogli. Tale dono era garanzia di devozione e purezza della futura sposa , conscia dei suoi futuri doveri matrimoniali. Gli impegni casalinghi sono simboleggiati dalla piccola scopa la cui simbologia forse rimanda a Marta di Betania , sorella di Maria e di Lazzaro, protettrice delle casalinghe e dell'ambiente domestico.

Sul nascituro veglia la statuina di Santa Margherita5 scolpita nel legno della spalliera del talamo, protettrice delle nascite. Il cagnolino è il simbolo della fedeltà .

Ed è quest'ultima virtù che allontana il peccato originale ( le mele sulla cassapanca) annullato definitivamente dalla Passione di Cristo ,raffigurata nelle dieci scene della cornice dello specchio, simbolo di purezza. In quest'ultimo sono riflessi anche i testimoni dei due sposi , per rimarcare l'importanza del giuramento matrimoniale.

Questa descrizione simbolica era necessaria per arrivare alla mentalità della società quattrocentesca che pone l'uomo e la donna in rigidi ruoli familiari e sociali.

Quindi, anche il matrimonio era governato da precise regole.

Sul questo argomento scrissero diversi autori.

Ricordiamo nel 1403 il cardinale domenicano Giovanni Dominici , autore della Regola del governo di cura familiare scritta per Bartolomea degli Alberti. Questa donna per l'epoca era una vera eccezione: non tanto perchè era stata sposata due volte ma soprattutto perchè il secondo marito, bandito da Firenze, le aveva lasciato sulle spalle molti oneri , non solo casalinghi (i soli che spettavano ad una donna).

L' Alberti , in assenza del coniuge, si era rivolta al cardinale in cerca di consigli. Il Dominici traccia per lei un modello comportamentale potenzialmente universale. Nel Quattrocento non era raro che ecclesiastici scrivessero di matrimonio. Intorno al 1450 molti altri religiosi compongono opere su questo argomento spesso e volentieri dedicate a fedeli devote in cerca di ausilio. In primis l'arcivescovo di Firenze Antonino, discepolo del Dominici , autore dell' Opera a ben vivere dedicata alla ricca Dianora Tornabuoni sorella del famoso Giovanni che commissionò al Ghirlandaio gli affreschi della cappella omonima nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. Negli stessi anni anche il francescano Cherubino da Spoleto comporrà la Regola della vita matrimoniale mentre intorno al 1470 Giovanni il Certosino scrive per le donne sposate la Gloriam mulierum.

A queste opere dedicate alle donne che non a caso usano il volgare anzichè l'elevato latino, si devono aggiungere le prediche contro il malcostume a favore dell'integrità familiare di Bernardino da Siena. Tutti questi uomini affermano sostanzialmente gli stessi concetti: l'elogio del matrimonio, della famiglia, la definizione della funzione dei coniugi specialmente della donna sempre devota e obbediente che trova riscatto nella famiglia la cui sopravvivenza è garantita dal generare eredi.

Nella seconda metà del Quattrocento anche un laico come Leon Battista Alberti scrisse un famoso trattato intitolato I quattro libri della famiglia. Nel terzo libro, traccia il quadro di una famiglia borghese del tempo. Si evidenzia lo status della "grassa" borghesia cittadina del tempo, uno schema riccorrente che prevede l'attenzione verso le risorse economiche gestite dal capo famiglia, verso la casa amministrata dalle mogli , sorveglianti integerrime di tutti coloro che sono alle loro dipendenze. Ultimi, ma di sicuro non meno importanti, i figli che vanno educati con occhio amorevole e circospetto, più con l'autorità che la violenza.

Per quanto riguarda l'educazione familiare "la figura del marito rimane in tutta questa trattatistica centrale; l'obbligo per la moglie di portare allo sposo reverenza , affetto e soprattutto obbedienza non è contestato e nemmeno attenuato nè dagli scrittori religiosi, nè da quelli laici. Anzi, gli umanisti [...] accentuano ulteriormente il suo peso all'interno della famiglia ed insistono sull'esigenza di una subordinazione assoluta della moglie".6

Impegnato nell'amministrazione della casa e degli affari , il marito deve necessariamente trovare nella moglie una buona alleata. Ella deve fornirgli un erede per perpetrare il lignaggio. Solo dopo una particolareggiata istruzione, le affiderà la gestione domestica. Dovrà sempre essere devota e senza macchia perchè sulla sua reputazione si baserà l'onorabilità della famiglia. Il modello che la sposa dovrà seguire sarà quello biblioco di Sara, moglie di Tobia, donna obbediente, devota e casta. Il marito , invece, si occuperà della gestione degli affari più importanti, scrupolosamente registrati in scritture destinate a rimanere segrete e si assumerà totalmente l'incarico dell'educazione dei figli relegando purtroppo la moglie ai suoi doveri naturali.

Il marito è dunque padrone, guida e maestro della sposa che affronta il matrimonio con la stessa attenzione con cui conclude un buon affare.



Note:

1P. De Vecchi, E. Cerchiari , Arte nel Tempo , Dal Gotico Internazionale alla Maniera Moderna, vol. 2 tomo 1, Ed. Bompiani, ottobre 2005, in partic. Il Quattrocento Internazionale, pp. 2- 10, cit. p. 7.

2 Mancano documenti precisi che attestino la data e il luogo di nascita di Van Eyck: molti studiosi tendono a fissare il 1390 per quanto riguarda la data e la città di Maaseik (Belgio) per quanto riguarda il luogo. Le poche informazioni sulla sua origine le possiamo trarre dal Libro della Pittura del biografo fiammingo Carel van Mander (1548- 1606), dalla fioritura artistica della zona in questo periodo e dal fatto che il nostro artista annoti in dialetto basso tedesco i margini di un disegno preparatorio del cardinal Niccolò Albergati , committente del famoso ritratto.Non si hanno notizie certe sui suoi primi anni di produzione artistica. Si sa solo che con il fratello Hubert realizzò tra 1415 e 1417 alcune miniature delle Ore di Torino poi distrutte in un incendio del 1904. l'ultimo ritratto conosciuto del maestro è quello di Margherita Van Eyck del 1439 (così come risulta scritto sulla cornice). Non si conoscono altre tele dell'artista dopo questa data.Autore apprezzato negli ambienti di corte e dai ricchi privati, Jan Van Eycke morirà nel 1441.Le sue spoglie riposano nella chiesa di San Donaziano a Bruges.


3 C. Bernardini, Van Eyck in I classici della pittura, collana a cura di M. Fagiolo dell'Arco e M. Marini, anno I, vol 4, p. 12, Armando Curcio Editore, Roma, 1978.

4 E. Panofsky, Il significato nelle arti visive, cap I, pp. 43 – 44, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1962.

5Interessante la presenza di un drago ai suoi piedi. Secondo la leggenda , la Santa incarcerata per la sua confessione cristiana, fu visitata in cella dal Demonio nelle vesti di un terribile drago. Il mostro la inghiottì ma Margherita , armata della croce, gli squarciò il ventre , uccidendolo.

6S. Vecchio , La buona moglie in Storia delle Donne in occidente, Il Medioevo di George Duby e Michelle Perrot, a cura di Christiane Klapisch – Zuber, vol 2, cap. 3 , p. 157.


Bibliografia:

Bernardini C. , Van Eyck in I classici della pittura, collana a cura di M. Fagiolo dell'Arco e M. Marini, anno I, vol 4, p. 12, Armando Curcio Editore, Roma, 1978.

De Vecchi P., Cerchiari E., Arte nel Tempo , Dal Gotico Internazionale alla Maniera Moderna, vol. 2 tomo 1, Ed. Bompiani, ottobre 2005, in partic. Il Quattrocento Internazionalepp. 2- 10, cit. p. 7.

Panofsky E. , Il significato nelle arti visive, cap I, pp. 43 – 44, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1962.

Vecchio S. , La buona moglie in Storia delle Donne in occidente, Il Medioevo di George Duby e Michelle Perrot, a cura di Christiane Klapisch – Zuber, vol 2, cap. 3 , p. 157.



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