"Folle in Cristo" : San Martino di Tours






316-317 d. C. Mentre gli eserciti di Costantino combattevano ai confini, lungo il Reno e il Danubio, costringendo i barbari vinti ad entrare nell’esercito, la famiglia di un tribuno dislocato in Pannonia attendeva la nascita del suo erede: fu chiamato Martino, in onore di Marte, dio della guerra...






San Martino, dettaglio Polittico di Monte San Martino , Carlo e Vittore Crivelli,
1477-1480 ca., chiesa di San Martino vescovo, Macerata





La vita:




La Pannonia, terra compresa tra il Danubio e il Sava, corrispondeva all’odierna Ungheria occidentale. Lo storico Appiano riferisce della sua conquista avvenuta nel 35 a. C sotto Ottaviano. All'inizio “zona calda” dell’impero per le frequentissime ribellioni, fu stabilizzata solo nel 27 a. C quando divenne provincia senatoria. Riorganizzata da Diocleziano, fu patria natia di molti Imperatori della metà del III secolo d. C (Decio, Aureliano, Probo, Massiamiano e Graziano, i fratelli Valentiniano I e Valente). Proprio in questa regione, famosa per i suoi centri termali e le città di Siscia, Mursa, Mursella e Sirmiun, Martino nacque in un avamposto militare (nell' oppidum di Colonia Claudia Sabaria , nella Pannonia Superiore), ovvero l’odierna Szombathely ungherese.
Dal luogo di nascita , al nome, all’estrazione sociale e occupazione paterna, per legge trasmessa ai figli maschi , su Martino pendeva un destino già precostruito: sarebbe diventato un ottimo soldato al servizio dell' Impero onorato da suo padre, ormai veterano. Dopo anni di onorata carriera, Roma gli concesse  un podere vicino Pavia. In una data imprecisata, la famiglia di Martino si trasferì nella sua nuova destinazione. Qui, a soli quindici anni, il futuro vescovo di Tours prestò giuramento all’Impero, imbracciando nel suo nome le armi. Fu reclutato nelle Scholae imperiali, un corpo scelto di 5000 unità, equipaggiate di un cavallo e uno schiavo.
Spedito in Gallia, ad Amiens, Martino fu assegnato ad un reparto speciale, non combattente, garante dell’ordine pubblico cittadino. Tra le varie mansioni, si occupava anche della protezione della posta imperiale, del trasferimento dei prigionieri e della sicurezza di personaggi importanti. Intorno al 338, durante una ronda, Martino avrebbe incontrato il povero seminudo al quale donò metà del suo mantello. Congedatosi nel 354, si recò a Poitiers dal vescovo Ilario.
Il nostro Santo aveva già conosciuto il Cristianesimo a Pavia e, dopo un iter personale, decise di fondare un monastero a Ligugé verso il 360 . La sua intenzione era quella di vivere da eremita ma, nel 371, a furor di popolo, fu nominato vescovo di Tours. Martino accettò l’incarico ma la sua unica aspirazione rimaneva quella di respirare appieno il monachesimo in umiltà e solitudine. Per questo, nel 375, fondò a Marmoutier un monastero costituito da un complesso di eremitaggi. Reginé Pernoud, medievalista francese, scrisse di lui “uomo straordinario, perfino paradossale: non realizzò mai ciò che desiderava… Voleva essere eremita, fuggire il mondo e praticare l’ascesi; invece fu costantemente circondato dalla gente, durante la sua vita e dopo la morte… Lo si ricorda come un soldato, quale fu effettivamente, ma suo malgrado. Aveva rifiutato di essere prete, non reputandosi degno, e fu vescovo. Aveva fuggito il secolo e cercato l’oscurità, e la sua biografia fu composta quand’era ancora vivo”.





Le fonti:



Di quest’uomo, morto a Candes l’8 novembre 397 e sepolto a Tours l’11 novembre dello stesso anno, ci parla il suo biografo ufficiale, Sulpicio Severo. Il suo racconto è caratterizzato da una energia letteraria notevole in cui Martino è messaggero di Cristo al tramonto dei vecchi dei . È interessante notare come il biografo cerchi a più riprese di nascondere il passato militare del protagonista, lasciando nel vago la sua data di nascita, celando quasi vent’anni di vita, riducendone il periodo militare a poco più di due anni vissuti all’insegna della carità e dei modi gentili, tingendone di toni eroici il congedo. Sulpicio puntò in effetti alla descrizione epica del vissuto consacrato al secolo. Infatti, sin dagli anni in cui servì l'Impero, Martino fu “santo militare” di calibro non inferiore a San Giorgio o San Teodoro. Un uomo sicuramente carismatico, “folle in Cristo”, “ricolmo di Dio”, buono per indole, convinto che la venuta del Messia si sarebbe concretizzata soprattutto attraverso le azioni.


Martino visse gli ultimi anni di vita nella sofferenza dell’età avanzata mai venendo meno agli impegni apostolici: l'ultima meta fu Candes dove si era recato nonostante gli acciacchi, facendo forza su se stesso per appianare la discordia che divideva i chierici locali. Era opera del diavolo: il maligno aveva messo zizzania tra i suoi confratelli e Martino, pur se vecchio e affaticato, era chiamato a combatterlo ancora, ripristinando l'ordine. Sulpicio Severo raccontando questo episodio, riferisce che lungo la strada per la città, il Santo osservò nei pressi di un fiume degli smerghi cacciare in modo rapace. Dunque, Martino disse: “Questa è un’immagine dei demoni: insidiano gli incauti, catturano quelli che non se ne rendono conto, divorano quelli che vengono catturati e mai non riescono a saziarsi di quelli che divorano”. Detto questo, facendo leva sulle sue doti di esorcista, cacciò il demonio da quei volatili. Non fu un episodio isolato. Infatti, nella sua vita operò diversi miracoli a favore degli animali, compreso qualche esorcismo. Salvò una lepre, liberò dal maligno anche una giovenca. Satana, “bestia cruenta”, è presenza costante nella vita del Santo: lo visitò anche in punto di morte, senza successo . Infatti, Martino lo cacciò ancora.




Meditazione di san Martino, particolare, Simone Martini, 1320-25,
Cappella di San Martino, Basilica Inferiore di San Francesco, Assisi




Durante la sua vita, il demonio gli si oppose in varie forme. In primis l’idolatria. “L’apostolo delle campagne” fu risoluto nell’estirpare le false credenze distruggendo templi e simulacri pagani, abbattendo alberi sacri come quello dedicato a Cibele rimanendone quasi travolto nella caduta. Il demonio era anche in alcuni uomini di potere. Negli ultimi anni di vita si oppose alla pena di morte di Priscilliano e i suoi seguaci. Sulpicio Severo riporta momenti di forte tensione con la corte imperiale e con altri vescovi compiacenti con i quali Martino non volle mai scendere a compromessi. Per quanto non abbia ottenuto la grazia in favore dei presunti eretici, rimane indiscusso il suo carisma in virtù del quale continuò la battaglia contro Satana, spesso presente anche tra le mura di chiese e monasteri, infiltrandosi nelle menti deboli come quella di Anatolio, un monaco professatosi novello messia.





Martino nella storiografia:




Figura contraddittoria, amato e odiato dai contemporanei, Martino era dotato di grande impeto apostolico. Non compreso da una parte della critica novecentesca (ad esempio dallo storico francese Edmund-Charles Babut , convinto dell’anima eretica delle sue pratiche ascetiche), san Martino trovò in Jacques Fontaine e nella moderna storiografia una maggiore benevolenza e oggettività. L’esperienza di fede del Santo costituisce infatti una preziosa testimonianza storica giunta fino a noi per merito di Sulpicio Severo, scrittore aquitano di nobile estrazione e raffinata cultura.




Martino nella cultura di massa:


Il culto e il ricordo di Martino sono ben radicati nella tradizione popolare. Infatti, chi non hai mai sentito parlare dell' “estate di San Martino”? L’episodio del mantello donato al mendicante seminudo per ripararsi dal freddo e dalla pioggia in seguito al quale il cielo si aprì e la temperatura divenne più mite, è alla base di questo detto, conosciuto anche nella penisola iberica e in Francia. In Inghilterra , invece , per indicare un cambio repentino di stagione, si utilizza la locuzione “Indian Summer” mentre in alcuni paesi slavi e in Russia , si ricorre al detto "Bab'e Leto", ovvero "pioggia dorata". In Italia la venerazione di Martino fu introdotta da coloro che lo conobbero più o meno direttamente. In primis Paolino, vescovo di Nola, compatriota di Sulpicio Severo, miracolato dal Santo. Anche Venanzio Fortunato diede il suo contributo alla diffusione del culto, essendo stato guarito dal Santo. Paolo Diacono ne racconta l’episodio: a Ravenna, nella Basilica dei beati Paolo e Giovanni, Venanzio, colpito da un forte dolore agli occhi, fu guarito dall’olio miracoloso di una lucerna posta accanto all’altare del Santo. Egli è venerato anche in Friuli. Secondo le indagini archeologiche, sembrerebbe che il suo culto sia noto sin dal V secolo.
A san Martino è dedicato anche un golosissimo dolce a forma di cavaliere a cavallo, talvolta ricoperto di cioccolato.






Il dolce del Santo



La tradizione è frutto della devozione tributatagli a Burano e a Venezia in cui, nella parrocchia di San Martino di Castello, sono conservate le reliquie del Santo (tibia, una falange e un lembo di mantello). Il primo dolce moderno dedicato a Martino fu la persegada dell’azienda trevisana Satma . Si trattava di un dolce di mele cotogne a forma di cavaliere. Risultando troppo zuccherino, Luigi Palmisano, pasticcere e fornaio di Burano, oggi titolare di un'azienda dolciaria a Jesolo, decise di realizzare la formina nella stessa pasta dei tipici bussolà buranello, taralli dolci a base di uova, farina, zucchero e burro. Nei primi anni Settanta, il pasticcere decise di decorare il biscotto con ogni leccornia, guarnendolo anche di cioccolato.




San Martino: l' iconografia in pillole


Iconograficamente parlando, San Martino viene ritratto a cavallo, intento nel tagliarsi il mantello al fine di porgerlo al povero seminudo o, in maggior parte, da vescovo impegnato nella lotta contro le eresie. In Puglia il suo culto segue i percorsi di pellegrinaggio lungo la via Appia e Traiana, verso la Terrasanta e lungo l’itinerario diretto al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano. Durante l’epoca longobarda (grazie ai benedettini) e angioina poi, la sua venerazione ebbe un largo incentivo, traducendosi in Puglia nella raffigurazione di san Martino vescovo, privo di attributi specifici (ad eccezione del mitra e del pastorale), riconoscibile solo attraverso iscrizioni o didascalie come quella che lo accompagnava nella chiesetta di Lama d’Antico, vicino Fasano (Brindisi). La raffigurazione risale alla fine del XII e ai primi del XIII secolo. Il nostro Martino appare in abiti vescovili anche nella chiesa di San Simeone in Famosa o a Sant’Angelo in Casalrotto (entrambe in provincia di Taranto).


Bibliografia:


A. Barbero, Barbari. Immigrati,profughi, deportati nell’Impero romano, Laterza, 2021.
A. Peršič, Martino da Szombathely, “uomo di Dio”, vescovo di Tours, santo d’Europa, Tolmezzo, 2005.
A. Rendić Miočević, C. Slobodan, R. Matijašić, Istria, Dalmazia e Pannonia nell’antichità, in “Trasparenze imperiali. Vetri romani dalla Croazia”, ed. Skira, 1997
D. Fiocco, Martino di Tours,un ex-soldato in guerra contro il maligno, in “Dolomiti. Rivista di cultura e attualità della provincia di Belluno 36” (2013) 6, 28-35.
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R. Pasqualin, Il dolce di San Martino. Nascita di una tradizione, Rustego edizioni, Padova, 2021
R. Pernoud, Martino di Tours, Milano, Jaca Book, 1998

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