Le api nei Bestiari medievali

 


 

Il protagonista di oggi  è un animaletto operoso, molto apprezzato nel Medioevo. É l'ape, star dei Bestiari medievali. Nel Bestiario di Ashmole (XII – XIII secolo), si dice: “L'ape ti è stata inviata perché tu possa imitarla; osserva com'è attiva e meritevole”.


Api e alveari, Tacuinum sanitatis casanatensis, XIV sec



 All'ape , i trattati , dedicano  capitoli interi, tanto corposo da formare  libri a sé stanti come il Liber de apibus, trattato autonomo di apicoltura, copiato indipendentemente dai manoscritti a cui era collegato. 

L'alta considerazione l'ape elogiata anche da sant'Agostino, è testimoniata dalla sua presenza nell' Exultet detto “Bari 1” e nel “Bari 2”, celebre per il “Romanzo delle Api”. Piccole e sempre all'opera, sono lodate per il miele e la cera, materia di cui si compone il cero pasquale, fonte di luce, simbolo della rinascita di Cristo. Quest'ottimq reputazione è eredità antica: anche Virgilio, nel Libro IV delle Georgiche, ne lodava il modus vivendi.


Nella foresta, gli ultimi giorni d'estate, quando il sole comincia a declinare, è bello stendersi sotto un tiglio e addormentarsi al ronzio delle api. È la musica più dolce che si possa sentire, una musica che ti porterà nel regno degli dei, tra i profumi più piacevoli della natura.


Miniatura, dettaglio dalle Ore di caterina di Cleves. Morgan Library. MSS M.917, p. 144–M.945, f. 20r

Era  facile imbattersi in questi piccoli insetti nei pressi dei tigli, alberi apprezzatissimi nel Medioevo. Erano utilizzati nella creazione degli strumenti musicali e nella farmacopea medievale, in quanto ritenuti capaci di scacciare i mali attraverso la loro linfa, corteccia, foglie e fiori medicamentosi. Non a caso, dal XII secolo, questi alberi vengono sistematicamente piantati nei pressi di lebbrosari e ospedali.


Tornando alle api , esse vivono in comunità ideali in cui ognuna ha il suo compito. Non c'è spazio per la pigrizia, severamente condannata. Alcune di loro producono miele o cera, altre svolazzano di fiore in fiore alla ricerca degli ingredienti per la produzione. Si muovono nei confini del loro territorio, piccola signoria di cui l'alveare è il castello. Esso è costruito con sapienza e ingegno: l'involucro di cera, dura ed inespugnabile, lo protegge dai nemici, calabroni in primis

Api dal De natura animalium, Cambrai, 1270 circa


Le api guerriere  difendono la comunità, quella stessa che ama ed elogia il proprio re. L'ape regina, a capo dell'alveare, viene scelta dal suo popolo in quanto più bella e più nobile tra tutte. Non usa mai il suo pungiglione. È buona e generosa, sempre scortata dalle sue guardie del corpo anche nell'arnia. Queste ultime sono fiere combattenti, riconoscibili dal pungiglione più lungo. Esse non esitano a sacrificarsi in nome del loro re e della comunità di cui fanno parte.


Api operose dal dal Salterio di Luttrell, 1325 -133


Sono insetti  puliti, detestano il fumo e il rumore, amano curare la propria casa, non mangiano la carne di altri animali e, se tra loro decede qualche compagna, la trasportano fuori dall'alveare per un degno funerale. A differenza delle formiche, altrettanto operose ma lussuriose, le api non si accoppiano, restano vergini per tutta la vita. Nel Bestiario di Ashmole si legge che esse nascono dalla carne di vitello o di bue.


Bibliografia:

M. Pastoureau, I bestiari medievali, Einaudi, 2012

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