Le Baburecensioni: Manfredi di Svevia di Paolo Grillo



Lance in resta, alla carica. L’affresco della torre del villaggio di Pernes (dipartimento Vaucluse, Provenza), è piuttosto sbiadito. Tuttavia, risulta chiara la scena raffigurata. Due schieramenti a cavallo si affrontano. Siamo a Benevento, nel 1266 : Manfredi di Svevia fu sconfitto da Carlo I d’Angiò.


Svevi contro Angioini, Benevento 1266, affresco della torre del villaggio di Pernes (dipartimento Vaucluse, Provenza), XIII secolo. 


Di Manfredi, figlio di Federico II e Bianca Lancia, è celebre il ritratto delineato da Dante nel III Canto del Purgatorio. Posto tra coloro che si sono pentiti solo in fin di vita e sono stati accolti dalla "bontà infinita", è descritto dal Sommo poeta come un uomo biondo e dal gentile aspetto con un sopracciglio diviso da un colpo di spada.  Al di là della letteratura, la storiografia e le fonti eterogenee su Manfredi spesso possono confondere restituendo allo studioso (o all' appassionato di storia) un certo imbarazzo. 
Per questo, vi consiglio caldamente Manfredi di Svevia. Erede dell’imperatore, nemico del Papa, prigioniero del suo mito” di Paolo Grillo, saggio storico edito da Salerno Editrice (2022). Si tratta di una onesta biografia storica e politica, utilissima per approfondire la conoscenza del personaggio e gli eventi di cui fu protagonista. 

L'autore, docente di Storia medievale, Analisi e interpretazione delle fonti della storia medievale e Storia delle istituzioni militari all’Università degli Studi di Milano, delinea la storia di Manfredi in un quadro chiaro e scorrevole, accompagnandoci nello studio di questa figura controversa, elogiata e condannata al contempo. Fonti alla mano, Grillo va oltre gli schieramenti, partendo dagli albori della casata Sveva. "La storia del regno conobbe una brusca svolta sullo scorcio del XII secolo, con l'estinzione della dinastia degli Altavilla e l'avvento degli Svevi." Con il senno di poi, attraverso il matrimonio tra Costanza d’Altavilla e Enrico VI, suo figlio, Federico Barbarossa garantì il Meridione d’Italia alla sua casata. Infatti, insieme all’Impero germanico, la giurisdizione del Regno di Sicilia fu ereditata dal nipote, Federico II, rimasto nel frattempo l'unico erede vivente, in seguito all’imprevedibile e prematura scomparsa di Guglielmo II, legittimo re. Nel quadro delicato e complesso dei rapporti sempre più incrinati tra Federico II, il Papa e le città del Nord, nacque Manfredi. Era il 1232, anno di grandi soddisfazioni militari, politiche e amministrative per Federico II.  Al di là della descrizione accurata degli eventi storici, ho trovato estremamente interessante la sfera afferente i rapporti di Manfredi con gli altri fratelli e la sua famiglia, in particolare la parte materna, alla quale il principe era molto legato: i Lancia, marchesi d’origine piemontese, entrati nella corte di Federico II ovvero “l’insieme delle persone che seguivano l’imperatore nei suoi spostamenti, lavoravano per lui o lo intrattenevano in varie maniere”. 





Come il sovrano voleva: miniatura di Manfredi tratta dalla Bibbia da lui commissionata, XIII secolo




La vita di Manfredi di Svevia fu piena: essere figlio di un sovrano non significava nulla se non si combatteva, se non si curavano gli alleati, se non si aveva una strategia e una organizzazione... e una efficiente propaganda (ad esempio attraverso la circolazione di monete, la promozione degli studi universitari o le donazioni di manoscritti, i versi dei trovatori come Paulet de Marselha o le grandi opere edili, tra cui costruzioni e nuove fondazioni).  


Manfredi lo sapeva e prima ancora del Papa o dei nemici francesi, dovette rimarcare il suo ruolo nel mondo in primis nei confronti dei fratellastri, specialmente Corrado. La biografia politica delineata da Paolo Grillo rende il lettore partecipe degli sforzi dell’uomo, prima ancora del sovrano, il quale risentì di un notevole miglioramento nella gestione degli affari politici e amministrativi in virtù dei consigli dello zio Galvano Lancia, nominato Gran Maresciallo del Regno di Sicilia, rappresentante diretto del re, uomo dal ruolo preminente a corte anche secondo lo pseudo-Jamsilla. Come Galvano, altri parenti ebbero ruoli importanti nello schema politico ideato da Manfredi. Egli era desideroso di ottenere l’appoggio della feudalità meridionale con tutte le amare conseguenze per chi, tra costoro, osava tenergli testa. L'autore ci informa di quanto Saba Malaspina registrò tra le varie ritorsioni: la rapace distruzione dell’Aquila, descritta in fiamme mentre i suoi abitanti si disperdevano sui monti. 


Ottenere la corona del Regno di Sicilia nel 1258, non costituì un punto di arrivo. Coadiuvato dai suoi fedeli parenti e consiglieri, Manfredi si attivò per costruire una rete di relazioni diplomatiche e alleanze interne ed esterne al suo Regno. In quegli anni così delicati, diede particolare importanza alle cariche militari e intervenne sul sistema fiscale, riconfermando il monopolio regio sull’esportazione e la produzione di materiali o alimenti già trattati all’epoca di Federico II. Rispetto a suo padre, Manfredi fu un re statico, ovvero non aveva la tendenza a spostarsi, servendosi per l’occasione di ufficiali messi ad hoc sullo scacchiere politico. Anche per fini propagandistici, fu molto attento alla cultura, amandola lui stesso, ponendo sotto la sua tutela l’Università di Napoli e la Scuola Salernitana. Conscio delle dinamiche elettive in uso nell’Impero, egli puntò all’area germanica attraverso una mirata politica di avvicinamento, incrinata dai sempre più logori rapporti con i comuni del Nord e la Chiesa. Fu proprio quest’ultima, dopo vari estenuanti trattative, ad assicurarsi l’appoggio di Carlo d’Angiò, colui che, dopo vari dritti e rovesci politici, infliggerà a Manfredi l’amara sconfitta a Benevento, forte “della differenza nel morale e nell’atteggiamento tattico” del suo esercito, nella cui dinamica, in virtù della magistrale spiegazione di Grillo, la responsabilità del collasso svevo attribuito unicamente alle vittorie angioine in Lombardia, rappresenta solo una credenza da ridimensionare. 

La battaglia di Benevento, miniatura da Grandes Chroniques de France (BNF, FR 2813)



Il ritratto delineato da Grillo è lucido: Manfredi è un uomo ed un sovrano conscio della sua eredità, risoluto anche nel prenderne le distanze. Infatti l’espressione pubblica dell’affetto filiale di Manfredi verso il padre non era dunque esente da calcoli di opportunità e, se era il caso, da opportune prese di distanza.” Questo spiega, ad esempio, perché il suo primogenito fu chiamato Enrico come il bisnonno e non Federico, nome probabilmente ritenuto poco presentabile e più divisivo nell’ottica delle unioni tra casati.  
Dunque, perché leggere questa accurata e piacevolissima biografica storica e politica?
  Per l'estrema accessibilità del testo. Pur rimanendo nell'accademico, Paolo Grillo utilizza uno stile chiaro e scorrevole che ben si coniuga con l’onestà intellettuale dello scrittore, attento a descrivere, fonti alla mano, le vicissitudini politiche ed umane dello Svevo. "Manfredi di Svevia. Erede dell'imperatore, nemico del Papa, prigioniero del suo mito" è un testo consigliato sia per coloro che amano la storia e le vicende della casata Sveva, sia per chi ne è a digiuno o,  per chi  motivato  da necessità di studio o di arricchimento personale, necessita di un testo completo e chiaro su cui fare affidamento. Inoltre, il saggio brilla per l’attenzione rivolta all’ambito bibliografico e documentario. Il tomo è dotato di una nutrita sezione dedicata alle note e alla bibliografia con la presenza di cartine genealogiche. Manfredi, interessante figura storica, rilanciata in nome della polemica politica nel XVIII secolo, eletta ad eroe risorgimentale e nazionale non dagli storici ma dai romanzieri, ha ritrovato giusto spazio e dignità storica solo in tempi recenti, attraverso oneste e approfondite ricerche come quelle del professor Paolo Grillo.





Dettagli:  

Autore: Paolo Grillo  
Editore: Salerno  
Collana: Profili  
Anno edizione: 2022  
In commercio dal: 20 gennaio 2022  
Pagine: 292 p., Brossura  
EAN: 9788869736407  



L’autore:

Paolo Grillo insegna Storia medievale, Analisi e interpretazione delle fonti della storia medievale e Storia delle istituzioni militari all’Università degli Studi di Milano. È redattore della rivista «Società e Storia», “esperto della materia” per il Ministero dell’Istruzione del Canton Ticino ed è stato visiting professor (professeur invité) presso l’École Normale Superieure di Parigi nel 2015. Il suo principale campo di ricerca è la storia sociale, politica, istituzionale e militare dei comuni italiani fra i secoli XII inizio XIV.  
Fra i suoi libri più recenti: Milano guelfa (1302-1310) (2013), Le guerre dei Barbarossa. I comuni contro l'imperatore (2014), L'aquila e il giglio.n 1266: la battaglia di Benevento (2015) e Nascita di una cattedrale (2017).

Sinossi:

Di Manfredi di Svevia si ricorda soprattutto il celebre ritratto tracciato da Dante nel Purgatorio ("biondo era, bello e di gentile aspetto"), mentre la sua esperienza quale re di Sicilia (1258-1266) è da molti considerata una semplice appendice minore del grande regno del padre, Federico II. Schiacciato fra il poeta e l'imperatore, Manfredi è stato spesso ridotto a un'immaginetta oleografica, ritratto come il bel giovane morto troppo presto e vittima di una sorte ingiusta e delle trame dei papi e di Carlo d'Angiò. In tal modo, però, non si rende giustizia a una figura ben più complessa e sfaccettata, in grado di scalare il trono partendo dalla posizione di figlio illegittimo e di giungere, per qualche anno, a essere uno dei sovrani più potenti del Mediterraneo. Questo libro vuole ricostruire i molti volti di un uomo che fu amante della filosofia e della musica e spietato persecutore dei propri nemici, protagonista di un'ascesa conquistata con abilità e cinismo e abilissimo promotore della propria immagine, custode del ricordo della grandezza paterna e complice degli abusi degli zii materni. Comunque, uno dei grandi protagonisti della vita europea del Duecento. 

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