Il Tempietto di Seppannibale

 


Il Tempietto di Seppannibale


Il Tempietto di Seppannibale ( VIII sec d.C ), originariamente chiesa di San Pietro lo Petraro , si trova a 3 km da Fasano (BR) , sulla strada per Monopoli. E' ubicato nelle vicinanze dell'area archeologica di Egnazia, importante centro portuale di età romana e tardo antica. Si tratta di una costruzione a pianta quadrangolare , a tre navate interne, con due cupolette disposte in asse. All'interno , vi sono i resti di affreschi di alcuni pittori della scuola beneventana. Quelli tuttora visibili, per quanto frammentari, mostrano alcune figure (forse Profeti) e scene tratte dal libro dell'Apocalisse. Nel Settecento,  Giuseppe Annibale Indelli , proprietario   della masseria contigua al Tempietto, diede al Tempietto il nome odierno.
Negli anni Novanta del secolo scorso , fu Gioia Bertelli, docente di archeologia paleocristiana e altomedievale presso il dipartimento di studi classici e cristiani dell'Università degli Studi di Bari, a curarne le indagini archeologiche, studiando le  tracce dell' abitato tardo antico, attivo tra il IV e l'VII secolo, ritrovato nella zona antistante



Il ritrovamento sacrificale



Le strutture tardoantiche si appoggiavano ad alzati di età precedenti (molto probabilmente di età romana, dato il ritrovamento di monete afferenti al tempo di Vespasiano, Antonino Pio e Commodo). Altrettanto interessante , al di sotto dell'edificio , il rinvenimento di tracce di muratura, forse un recinto sacro  in virtù della scoperta di una lucerna e  resti  animali. La datazione è afferente con approssimazione all'inizio dell'impero.


Particolare del ritrovamento sacrificale




                                                              Le campagne di scavo:



Posizione geografica del sito



Ben  quattro campagne di scavo, dal 2003 al 2006, si sono interessate al sito, con  cinque saggi stratigrafici, ovvero  cinque fasi stratigrafiche e temporali:



Localizzazione, planimetria e prospetti del sito


Rispetto  alla chiesa,  il saggio I ( con sepolture a fossa terragna) , lungo il lato settentrionale ed orientale, corrisponde alla frequentazione più antica del sito. In questa fase , la scarsa presenza di ceramiche , ne ha escluso la funzione abitativa  e l’assenza di crolli di laterizi ha permesso di ipotizzare che l’area delimitata dalle strutture murarie fosse scoperta. Utilissimo,  al fine della datazione del saggio I , è stato il rinvenimento di origine rituale e sacrificale , dei resti di due ovo-caprini, adiacenti tra loro, posizionati nell’angolo tra uno dei setti murari intenzionalmente sigillati con grossi blocchi di pietra. Tra i due, quello più ad est era acefalo: la sua testa staccata e posizionata al lato del corpo, presentava in bocca un chiodo e una moneta di bronzo raffigurante l’imperatore Tito . Accanto, il rinvenimento di una lucernaIl saggio I , databile tra l’età repubblicana e quella imperiale (III sec. a.C. - prima metà del I sec. d.C.) ha restituito una  struttura costruita con grandi blocchi di calcarenite, adibita alla produzione agricola (probabilmente una fattoria) con  vasca quadrangolare vinaria all'interno. Il rito sacrificale, rinvenuto a ridosso della struttura agraria , va ascritto alla fine del I e inizi del II sec d.C.  II .
Il saggio II, collocato come il V ad ovest, presenta  diverse strutture a carattere abitativo, produttivo e di stoccaggio delle derrate ( ad esempio un silos ). Sono stati individuati, inoltre, anche resti di strutture più imponenti,  a pianta longitudinale. In questa fase, sorse un  abitato che visse fino all’età altomedievale, edificato su un precedente contesto forse databile ai primi secoli dell’impero dal ritrovamento di una altra lucerna e una moneta di età antoniniana.
Ricapitolando: in epoca tardoantica l’impianto produttivo viene dismesso e sull’area abbandonata si costruì un insediamento rurale, composto da piccole unità abitative con una più imponente (IV e il VII sec. d.C).
Se il  saggio III, a nord, ha riportato solo scarse tracce di frequentazione relative a tempi molto recenti (XVI sec. d.C.) e il saggio IV, a sud, la presenza di alcune buche poco profonde, ,probabilmente forni per la produzione della calce ad alte temperature, il saggio V , ad ovest, ha riportato alla luce sepolture parzialmente integre determinando l’uso funerario di quest’area. 
Dunque, nell’VIII secolo  fu eretto il Tempietto e il vecchio abitato rurale, oramai abbandonato, fu sostituito dal suo cantiere . La frequentazione funeraria, riscontrata a ridosso della chiesa e datata al’XI-XII secolo, fa pensare alla presenza di una piccola comunità che gravitava attorno al Tempietto.



Materiali e tecniche costruttive:

Particolare degli affreschi del Tempietto

Il Tempietto è una testimonianza preziosa non solo per lo studio storico, archeologico  e culturale del territorio ma anche per la bellezza  e composizione delle decorazioni superstiti  ubicate in prevalenza sulle volte , all'interno della costruzione. Attraverso un  approfondito studio analitico  è stato possibile conoscerne  la composizione di intonaci e colori : rosso (ocra rossa, costituita da silico-alluminati e ossidi di ferro) , giallo ( un’ocra gialla, costituita da silico-alluminati e da idrossidi di ferro), bianco ( bianco di calce), grigio e nero (nero di vite, variamente miscelato con il bianco, talvolta con l’ocra  per il colore nero). Dalla miscela di questi due pigmenti risulta anche una tonalità bluastra.
I
bassi capitelli dei pilastri centrali a sostegno delle cupole sono realizzati con una roccia locale appartenente alla formazione cretacica nota come “Calcare di Bari”. Purtroppo, pur avendo subito un significativo intervento di restauro negli anni Ottanta del secolo scorso, le pitture del Tempietto mostrano alcune manifestazioni di degrado, rappresentate prevalentemente dalla presenza di veli biancastri e da depositi di guano


Veduta absidale del Tempietto


Ribadiamo infine l'importanza del sito nell'ambito delle aree rurali ( come per esempio il vicus di Vagnari, vicino Gravina di Puglia) e della tradizione costruttiva tra età imperiale e Tardoantico che prevedeva abitati realizzati con uno zoccolo in pietra calcarea e alzati in materiale deperibile. Seppannibale riprone la tematica del riuso  delle ville romane in forme abitative diverse sia nella concezione planimetrica sia nella scelta dei materiali, riflessione nata in relazione alle indagini effettuate in un altro sito importante, quello di Faragola.
 In generale,
tra VI e VII secolo d.C, l'area di Seppannibale presenta una discontinuità architettonica , un minor uso dei materiali lapidei ( già a partire dal IV sec. d.C ) dovuta ai mutamenti economici del territorio e del Mediterraneo. Infatti, il tracollo delle attività estrattive e il duro contraccolpo sui ceti medi , ne causarono l'estinzione dei maestri specializzati a vantaggio di nuove tecniche costruttive basate sull'utilizzo di mattoni di argilla cruda ( pisè) e legno.



L' occhio del pittore:



Tempietto di Seppannibale,
albero lungo la navatella settentrionale



Cosa c'è di più determinante per la rappresentazione della realtà in cui una società vive? Ovviamente il contesto considerato in tutte le sue sfaccettature ( economico, sociale, naturale). Esso è linfa per l'ispirazione e per la rielaborazione artistica da parte di un popolo. Seppannibale è un valido esempio in questo ambito per i suoi importanti dipinti ( VIII secolo) . A differenza del mondo antico, il Medioevo non ha una ben consolidata tradizione di studi iconografici sugli elementi vegetali. A questo proposito , il contributo di G. Colaianni evidenzia come la vegetazione dipinta nel Tempietto non solo sia mirabile frutto delle capacità espressive ed interpretative da parte dell’uomo nei confronti della natura nel suo tempo, ma rappresenti inoltre un ottimo esempio per colmare quel vuoto sugli studi sulla vegetazione nel medioevo, fornendoci la raffigurazione di fiori e piante diverse che consentono di ricreare parte del paesaggio rurale nell'area delle Murge baresi in età altomedievale. Vediamo insieme quali sono le immagini di maggior interesse. Diciamo in primis che quasi tutte le scene affrescate presentano un campo biancastro con pennellate orizzontali di color giallo - ocra



Tempietto di Seppannibale, papavero comune




Nella prima cupoletta tal motivo è leggibile non solo sui fondi delle tre nicchie dove campeggiano due martiri e un diacono ma anche sulle sue pareti curve . Guardando verso ovest, sotto una figura maschile della quale rimane solo un piede posto su un suppedaneo, troveremo un campo giallo con fiori rossi ( che per struttura, lunghezza e portamento del fusto e per le foglie dal contorno spatolato, si è ipotizzato essere papaveri comuni, ampiamente diffusi in Italia e ritrovati artisticamente in molti cicli lucani, campani e molisani databili tra la fine dell’VIII secolo e i primi decenni del successivo ) . Ad est  tale rappresentazione vegetale occupa  tutta la parte inferiore della scena della Donna alata insidiata dal drago apocalittico



Tempietto di Seppannibale, pianta dai frutti rossi



Nella seconda cupoletta, prendendo in considerazione il muro dell’arcata meridionale sono affrescati due pavoni raffrontati, intenti ad abbeverarsi ad una coppa ( cantharos ) e una grande pianta con frutti dal colore rosso scuro. Non si tratta di un fico d'India (approdato in Occidente dopo la scoperta delle Americhe) ma di un altro tipo di vegetale, rielaborato e ridipinto dal pittore con fiori rossi per motivi sconosciuti. Gli studi effettuati sul cromatismo della raffigurazione, hanno inoltre permesso di distinguere in quest' unica composizione tre piante diverse , in parte sovrapposte.
Lungo la navatella settentrionale spicca un altro vegetale ,per struttura e colore dei frutti  definito gelso nero, pianta di origine caucasica , tipica anche del nord della Persia, giunta in Italia in epoca repubblicana (Plinio , Nat. Hist. XV, 27) e diffusasi ampiamente a partire dal 552 con la spedizione in estremo Oriente organizzata da Giustiniano per acquisire nuove tecniche di produzione della seta ( Procopio da Cesarea , De Bello Pers. I, 20). Furono poi gli Arabi a diffondere la sericoltura in tutto il bacino del Mediterraneo a partire dal IX secolo. Il gelso nero fu progressivamente sostituito durante il XV secolo dal gelso bianco ( proveniente dalla Cina e dal Giappone) per via delle sue foglie meno coriacee e, dunque, maggiormente apprezzate dai bachi da seta come nutrimento.





Le lucerne:




Tempietto di Seppannibale, lucerna di  tipo
Fabbicotti ff b rinvenuta nel contesto sacrificale



Le lucerne rinvenute dal sito di Seppannibale sono in tutto sessantatré, molte delle quali rinvenute in condizioni  frammentarie. Di queste totali, solo quarantadue sono state schedate e catalogate in crono - tipologie :

- lucerne a vernice nera di età tardo-repubblicana 
- lucerne italiche di età imperiale 
- lucerne africane di età tardoantica
- lucerne invetriate di età medievale

I dati analitici di questi reperti, uniti agli studi recenti sui commerci nel mediterraneo in età tardo antica, consentono di affermare che le lucerne d’importazione o in sigillata sono state sicuramente prodotte sulle coste settentrionali della Tunisia. La diffusione di questi prodotti nell’insediamento di Seppannibale è avvenuta probabilmente attraverso i carichi navali  provenienti dalle coste africane e mediterranee  diretti nei porti pugliesi, come  Egnazia. Accanto a questi manufatti vanno aggiunte le tipologie ad impasto locale, fatte in loco, realizzate probabilmente seguendo il modello tunisino di importazione. Per quanto riguarda le lucerne in sigillata si riscontrano decorazioni di tipo geometrico e fitoforme. Quelle locali , di qualità meno pregiata,  presentano un numero maggiore di elementi geometrici e fitoformi insieme a simboli religiosi e soggetti zoomorfi.


Tempietto di Seppannibale, lucerna con Menorah
e sua ricostruzione grafica




Tra tutte, è interessante una lucerna di produzione locale, databile al V secolo d.C., riportante sul disco la Menorah ebraica ( lampada ad olio a sette bracci ) all’interno di una corona vittata . Probabilmente, più che per l'illuminazione tale lucerna veniva utilizzata con uno scopo rituale all’interno delle sinagoghe . Potrebbe trattarsi di un oggetto ad uso liturgico, riprodotto a Seppannibale, utilizzato nelle comunità ebraiche pugliesi, come quelle di Bari, Oria e Taranto che in età tardoantica erano vicine al tal sito. Ma c'è una altra considerazione da fare. Dall'ampia analisi di lucerne simili rinvenute dalle necropoli situate in una area più grande (Venosa, Siracusa, Noto, Quartucciu, il complesso martiriale di Cimitile, il sito urbano di Egnazia e gli insediamenti rurali di Seppannibale, Leucopatra (presso Reggio Calabria), e il materiale dei musei archeologici di Taranto , Reggio Calabria,Oristano,Cagliari e Sassari),si evince che queste lucerne avevano uso funerario poichè venivano ubicate presso le sepolture di cimiteri sia totalmente ebraici che misti! Dunque, se da un lato la Menorah è il simbolo per eccellenza della religione ebraica, dall’altro la sua diffusione nell’apparato decorativo delle lucerne non è sempre relativo a tal culto.



Analisi e ricostruzioni 3D



Restauro virtuale degli affreschi


Insieme all'analisi stratigrafica del sito, il professor M. Limoncelli ha realizzato un restauro virtuale in 3D del Tempietto nella sua fase altomedievale, utile non solo per ricostruire la struttura ma anche per sintetizzare , visualizzare, spiegare e verificare le analisi e le ricerche condotte attraverso questo prezioso strumento informatico, previo rilievo grafico in sito andando a risarcire virtualmente le parti mancanti, valorizzando telematicamente le analisi e le scoperte effettuate attraverso la ricostruzione virtuale.



Restituzione 3D del Tempietto




Bibliografia e immagini :

A. Attolico, Alcune riflessioni a margine dello studio del villaggio di Seppannibale : l'edilizia in materiale deperibile in Puglia tra Tardoantico e Altomedioevo, in VI congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Sala Conferenze "E. Sericchi", Centro Direzionale CARISPAQ "Strinella 88", Società degli Archeologi Medievisti Italiani, L'Aquila, 12 – 15 settembre 2012, All'Insegna del Giglio, pp. 121- 127.

A. Calia, D. Melica, G. Quarta, I dipinti murali del Tempietto: materiali costituenti e tecniche esecutive, in Masseria Seppannibale Grande in agro di Fasano (BR). Indagini in un sito rurale (aa. 2003-2006), G. Bertelli , G. Lepore ( a cura di) , M. Adda Editore, 2011 , pp. 195 -206.

G.Bertelli, Il tempietto di Seppannibale in territorio di Fasano, in Società, cultura, economia nella Puglia medievale, atti del convegno di studi "Il territorio a sud-est di Bari in eta medievale" (Conversano, 13-15 maggio 1983) a cura di Vito L'Abbate. Dedalo, Bari 1985, pp. 235–276.

G. Bertelli, Cultura longobarda nella Puglia altomedievale: il tempietto di Seppannibale presso Fasano, con uno studio epigrafico di Giuseppe De Spirito; rilievi fotogrammetrici di Maurizio Minchilli, Edipuglia, Bari, 1994.

G. Colaianni , Lettura iconografica della decorazione vegetale del Tempietto, in Masseria Seppannibale Grande in agro di Fasano (BR). Indagini in un sito rurale (aa. 2003-2006), G. Bertelli , G. Lepore ( a cura di) , M. Adda Editore, 2011, pp. 174 -178.

M. Limoncelli, G. Donvito, Architettura longobarda in Puglia. Il Tempietto di Seppannibale presso Fasano (BR) , dall'analisi delle strutture alla restituzione 3D, in V Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Palazzo della Dogana, Salone del Tribunale ( Foggia ), Palazzo dei Celestini , Auditorium ( Manfredonia ), All'Insegna del Giglio, pp. 746 – 750.

M. Limoncelli, Seppannibale, Il Restauro digitale dei cicli pittorici, in Masseria Seppannibale Grande in agro di Fasano (BR). Indagini in un sito rurale (aa. 2003-2006), G. Bertelli , G. Lepore ( a cura di) , M. Adda Editore, 2011 , pp.116 -123.

M.L. Semeraro Herrmann, L'Enigma del tempietto di San Pietro Veterano di Fasano (denominato Seppannibale), Schena Editore, Fasano 2017.

R. G. Lombardi, Produzione e diffusione delle lucerne africane tardoantiche nell’insediamento rurale di Seppannibale (Fasano-BR) in LychnoLogicaL acts 3 , Actes du 3e congrès international d’études sur le luminaire antique, Université d'heidelberg (21-26. iX. 2009), Éditions Monique Mergoil Montagnac, 2012.

Commenti

Post più popolari