Le Baburecensioni: La vera storia di Martia Basile di Maurizio Ponticello
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Claudia Babudri
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Una mappa della città di Napoli nel Seicento |
"Un paradiso abitato da diavoli". Così Benedetto Croce descriveva Napoli, evidenziandone la bellezza controversa. Partenope, infatti, è storia, fascino, tradizioni. Le prime forme letterarie di intolleranza alla controriforma nacquero in questa città. Patria di Accetto, Marino e Basile, della commedia dell'arte in cui si impose Pulcinella, ispirò Caravaggio nella composizione delle Sette opere di Misericordia dando vita alla particolare corrente del caravaggismo napoletano.
Napoli, capitale del viceregno spagnolo: Marzia Basile è poco più che un'adolescente quando viene data in sposa dal padre per pochi spiccioli ad un uomo anziano, la cui figura, alta, corposa, massiccia e rozza ricorda la fisionomia del tipico jettatore napoletano descritto nella “Cicalata sul fascino” dal Valletta nel 1787. A questo figuro si legherà Martia, sposa bambina, vittima di abusi domestici, accusata in seguito di viricidio. Morirà a soli vent’anni sotto gli sguardi dei suoi concittadini impietriti.
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Le Sette opere di Misericordia, Caravaggio, Pio Monte della Misericordia, Napoli, 1606-1607 |
La memoria è ciò che ricordiamo, quel bagaglio personale di percezioni e concezioni inquadrate nella più ampia cornice della storia, trasmesse di generazione in generazione. Sullo sfondo dell’eruzione del Vesuvio del 1631, Giovanni della Carretola poeta e menestrello, narra la triste vicenda di Marzia Basile, avendo probabilmente assistito nel 1603 alla sua esecuzione.
Giovanni è stato realmente un cantastorie del Viceregno napoletano. La sua figura ci riporta indietro nei secoli, quando nelle pubbliche strade risuonavano le “storie di piazza” per voce dei cantori. Giovanni viveva di poesia: il suo unico sostentamento era il ricavato delle sue performances. La sua produzione, tra cui anche il poemetto dedicato alla Basile, è costruita per una reale e successiva declamazione pubblica.
Il cantore si esibiva nelle piazze, tra i vicoli delle città. Il pubblico, estasiato dalla recitazione dei menestrelli, abili nella declamazione e nella mimica capace di creare l’atmosfera giusta, era invogliato ad acquistarne il racconto sotto forma di libello per una successiva consultazione individuale. Ai fini della vendita, così come si evince dai medesimi versi di altri cantori della tradizione del Viceregno, si faceva leva sui benefici scaturiti dall’acquisto delle storie narrate. Nella declamazione, spesso e volentieri accanto alla bontà dell’ascolto e della personale lettura, i cantori evidenziavano altri vantaggi come la conciliazione al sonno. Il testo, insomma, poteva agevolare il buon riposo e i buoni sogni, vibrando per quello stesso influsso magico individuato da De Martino nella scrittura lucana. Le storie dei cantori rendevano più colorata la grigia e ruvida vita cittadina. Con i loro versi e le loro storie, i menestrelli allietavano i compaesani e li rincuoravano, sollevando al tempo stesso i loro animi. Infatti, la maggior parte dei cantastorie soffriva di qualche forma di invalidità come cecità, zoppia, malformazioni agli arti. Se ciechi, l’attività mnemonica era l’unica consentita per poter lavorare. Infatti, essendo aedi, demandavano tutto alla memoria. Le “storie di piazza” nel tempo s’incentrarono sempre più sul folklore e sul patrimonio fiabesco tradizionale. Questo genere letterario vide il suo apice nell’Ottocento per poi decadere successivamente. La realtà storica della “letteratura di piazza” e dei suoi aedi viene ben descritta da Maurizio Ponticello nella sua opera.
L’autore, infatti, mira al vero, alla cruda narrazione storica, in una Napoli sacra e profana, dalla vita ruvida. Con la finalità di mirare ad una maggiore concretezza storica, Ponticello afferma di non aver voluto alleggerire il napoletano di Cinque e Seicento, escamotage vincente capace di donare più colore e autenticità storica ad una narrazione scorrevole ed emotivamente coinvolgente. Il caso Basile scosse tutto il Viceregno , portando alla pubblicazione di opuscoli contenenti la lirica del Carretola per ben quattro secoli. Fu Francesco Novati, filologo e critico italiano, a riaprirne caso e memoria. Studiando altre liriche dello stesso genere, il dotto s’imbatté nei versi del nostro cantore , imbastendo una disputa filologica per via epistolare con l’amico Benedetto Croce che ne sollevò una serie di dubbi stilistici. Da buon “pensatore che cammina”, amante della sua Napoli, il Croce ne criticò il contenuto, seguito a ruota da Charles Dickens. Lo scritto del nostro menestrello sarebbe caduto nel dimenticatoio se lo storico Giovanni Romeo (professore ordinario di Storia moderna presso l'Università Federico II di Napoli) e Giancarlo Baronti (docente di discipline antropologiche presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Perugia) non avessero condotto approfondite ricerche su Giovanni e sul caso Basile...a cui Maurizio Ponticello ha ridato vita e dignità personale e storica.
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Palazzo Sansevero, dettaglio, Napoli |
Le vicende del Viceregno tra 1590 e 1631, emergono nell’opera dello scrittore partenopeo: si delinea una Napoli dai mille volti e dalle grandi contraddizioni, in cui ognuno è lupo famelico per l’altro. Simbolo di questa voracità sono i panni poveri e logori che con Marzia osserveremo penzolare grottescamente dalla chiesetta degli Spogliamorti, edificio utilizzato nel Medioevo come deposito per i defunti, qui spogliati degli averi successivamente rivenduti al mercato degli ebrei. Questa usanza era decaduta con Ferdinando II d’Aragona ma, al tempo di Marzia, qualcuno la praticava ancora. Il racconto, inoltre, non manca di coinvolgere nomi importanti della storia napoletana come Giulio Jasolino, autore del primo trattato di idrologia medica e Giovanni Antonio Summonte autore dell’Historia napoletana del 1601. Leggendo la storia di Martia, conosceremo inoltre Maria d’Avalos, nobildonna napoletana uccisa dal marito per adulterio. Celebrata in molte opere e poemi, Maria divenne protagonista della leggenda secondo cui, a Napoli, sarebbe possibile vederne il fantasma presso Palazzo Sansevero. Questa leggenda, nell’opera di Ponticello si mischia al folklore popolare napoletano composto dai rituali, dai fantocci e amuleti. La fascinazione è una “qualità perniciosa, indotta per arte dei demoni, in virtù di un patto tacito od espresso” disse Leonardo Vario, vescovo di Pozzuoli nel 1587. Sottolineandone credenze e magie, Maurizio Ponticello, già abile nel delineare la psicologia dei singoli personaggi descritti, riesce a concretizzarne quella sociale e collettiva, trasversalmente scossa da rigurgiti superstiziosi (in occasione, ad esempio, della peste del 1656). Il tema della magia e della jettatura, avrebbero nella cultura di massa napoletana una origine specifica, ben intuibile dalla lettura di questo romanzo. La precarietà della vita, delle condizioni sociali, i grandi e piccoli abusi, la politica e la storia di questa Napoli poliedrica e complessa, andrebbero a confermare storicamente il parere di Tommaso Campanella, il quale la reputava antitesi della Città del Sole, andando successivamente a radicarsi nel raccordo tra il fascino stregonesco della bassa magia e le esigenze dell’Illuminismo studiate da Ernesto De Martino. Perché affidarsi alla magia? Perché razionalmente dona l’illusione di avere potere sull’incontrollabile, di risolvere l’impossibile, ritagliandosi uno spazio sicuro, protetto dai riti, dagli amuleti, dalle pozioni. Il tutto, in netta contrapposizione con la profonda spiritualità cristiana espressa nel romanzo attraverso il culto di reliquie come la Sacra Spina. Di questo romanzo ho apprezzato non solo la vena noir ma soprattutto l'onesta storica e la struttura: l'autore ha cura di spiegare le sue fonti e le sue ricerche. Oltre questo, riflettendo sulle abilità di un bravo scrittore, la prima e fondamentale caratteristica è il saper trascinare nel libro, donando l’impressione al lettore di essere lì, accanto ai suoi personaggi, condividendone le esperienze, le gioie e i dolori. Questo succede leggendo Marzia. Il lettore avrà l'impressione di essere lì, con lei, partecipando attivamente alle sue vicende.
Vi indignerete per la sua sorte e gioirete per quei pochi attimi di luce capaci di darle un barlume di calore. Piangerete con Marzia, vi arrabbierete con la sua cruda realtà, vi sentirete impotenti e rifletterete tanto. Questo romanzo colpisce dritto al cuore: è capace di evidenziare la crudezza senza sconti della bestialità umana e l'impotenza di chi, pur lottando, soccombe ad un destino impietoso, immeritato. "La vera storia di Martia Basile" è un romanzo di formazione: non solo ci accompagna nella crescita anagrafica e psicologica della protagonista ma forma anche il lettore, aiutandolo a capire la gravità della violenza di genere, presente oggi come un tempo. I libri entrano nelle nostre vite in punta di piedi e restano con noi per sempre. L'impatto emotivo esercitato dalla lettura di questo libro è forte come l'eco della voce di Marzia. Riecheggia nel tempo, fino a noi. E non si può ignorare: s’insinua nella mente e nel cuore, scuotendone le coscienze con i suoi perché senza risposta. Potente s’interroga e ci interroga, chiedendo giustizia, unendosi agli appelli disperati e inascoltati di tutte quelle donne morte tra abusi e violenze, ieri come oggi.
Sinossi:
L'autore:
EAN:9788804722250
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