LE BABURECENSIONI: CON LE CHIAVI IN TASCA DI FRANCESCO LOSETO
Via San Sabino è una stradina del centro storico di Bari ubicata alle spalle della Cattedrale. È un tracciato stretto sul quale si affacciano dimore private dalle bianche mura. Sul prospetto di una di queste abitazioni, tra le ruvide pietre che ne circondano l’arcata d’ingresso, campeggia un’antica formella raffigurante la Madonna tra due santi, uno dei quali identificato con Giovanni Battista. Questa icona, secondo alcuni studiosi, testimonierebbe l'esistenza della Giudecca a Bari durante il Medioevo, riportando alla mente la triste storia della sua gente vissuta tra emarginazione, espulsioni e conversioni forzate (dato che sembrerebbe confermato dalla presenza nella formella del Battista, simbolo, in questo caso, dell'obbligo alla conversione per gli israeliti). Sull'argomento indagò e scrisse Cesare Colafemmina, principale esperto della materia, autore di una mole importante di testi dedicati alla presenza degli ebrei in Puglia e nel Meridione italiano. In "La comunità ebraica di Bari fra tarda Antichità e Rinascimento”, lo studioso localizzò il ghetto ebraico barese nei pressi della Cattedrale datandone l’esistenza tra XI e XVI secolo, ubicando il ghetto “tra le strade di via San Gaetano, lo spiazzetto dell’arco del Conservatorio della Pietà, il vico che portava al Palazzo arcivescovile e la strada che terminava col palazzo de Mola.”
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| La formella di Via San Sabino nel centro storico di Bari. Foto da Turismo ebraico in Puglia | La storia ebraica di Bari (visitjewishitaly.it) |
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| A lanciar sassi, immagine dal Salterio Rutland (1260 circa), British Library Add Ms 62925 f. 41r. |
Da lettrice, ho apprezzato questo testo per svariate ragioni: la bella forma, lo stile scorrevole e coinvolgente, capace di lasciare qualcosa nel profondo dell’animo. La storia parla a chi sa ascoltare...e Loseto ha fatto questo, ha lasciato la parola alla memoria della sua città, dando giustizia ad un capitolo della Terra di Bari dimenticato, con la riscoperta degli studi di Cesare Colafemmina. Il romanzo si evidenzia per la chiara e completa organizzazione che ne permea la composizione dall’indice fino alla postfazione in cui l’autore, tra precisazioni e considerazioni, menziona le fonti dei suoi studi.
Nella narrativa, un bravo scrittore - affermava Roald Dahl riferendosi a Dickens - dev’essere capace di far vivere al lettore ciò che racconta. Oggi, la tecnologia è capace di farci provare esperienze virtuali indossando una semplice visiera elettronica ma questo procedimento è iniziato con i libri ben scritti, capaci di spingere la mente del lettore verso universi nuovi, andando oltre i propri confini, rendendo vivo ciò che vien letto. Con profonda e sincera umanità, Francesco Loseto ha raccontato il dramma dell’ingiustizia, della discriminazione e della violenza a cui, da lettrice, ho partecipato con viva empatia riflettendo sul destino atroce di chi è costretto a soffrire impotente di fronte alla negazione dei suoi diritti. Di fronte a queste atrocità e alla fredda severità delle leggi, "Con le chiavi in tasca" ribadisce l'importanza dell'amicizia e degli affetti al di là delle barriere, unico vero valore capace di scaldare il cuore nelle avversità.
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| La decapitazione del Battista, Parigi, BNF, ms. Latin 8846, f.2v, 1200 circa. Al lato, il boia, di professione giudea, è distinto dagli altri personaggi per il colore nero della pelle. |
Da studiosa di storia, elogio la precisione e l’onestà intellettuale dell’autore nei confronti dell’argomento trattato. Francesco Loseto, con massimo rispetto e grande approfondimento, narra con dovizia situazioni e particolari desunti dalle fonti, permettendo di riscoprire l'antica presenza di israeliti nel Meridione italiano e, in particolare, a Bari. Qui di seguito, facendo riferimento al testo esaminato, registrerò alcune considerazioni e studi storici scaturiti dalle riflessioni emerse durante la lettura di "Con le chiavi in tasca". Prendendo spunto dal testo, commentandolo storicamente, ho cercato di spiegare l'antica presenza degli ebrei nel Meridione italiano e in Terra di Bari , cercando di capire le motivazioni dell'odio nei loro confronti e le dinamiche della loro espulsione trattate nella vicenda narrata, in un confronto continuo tra il romanzo storico di Francesco Loseto e le fonti esaminate (consultabili nella bibliografia alla fine di questo intervento).
Gli ebrei popolavano il Meridione italiano sin dai tempi antichi, come è attestato nel decreto varato dall’imperatore Onorio nel 398 il cui contenuto è stato ampliato dallo Sefer Yosippon (X secolo) e da alcuni brani dello Sefer Yuḥasin, cronaca composta nell'XI secolo dal dotto Ahima' az ben Paltiel, rampollo di una influente famiglia israelita, originario di Capua, che narrò nella sua opera meriti e imprese dei suoi antenati nel quadro storico generale tra la metà del IX e la metà dell'XI secolo .
Stando alle fonti consultate, la presenza degli ebrei nel Medioevo al Sud, risalirebbe a molto prima e cioè alla deportazione degli schiavi israeliti voluta da Tito in seguito all’assedio di Gerusalemme nell’anno 70. Tra fatti storicamente veri e altri meno, Ahima'z fa risalire le origini della sua famiglia proprio ai tempi di questa deportazione, parlando lungamente di un suo antenato, Aaron ben Samuel ha-Nassì, giudeo esperto di Càbala al quale attribuisce il merito di aver fatto crescere e prosperare la comunità ebraica in Puglia essendo saggio e severo amministratore e legislatore. Dato interessante riferito da G.Musca (2023) è la fiorente consistenza di comunità israelite o genericamente orientali dato che, tra VIII e IX secolo, con "ebrei" o "giudei" si indicavano anche arabi immigrati e greci. In generale, la presenza di comunità ebraiche al Sud è testimoniata dall'archeologia e dalla letteratura, in primis dai racconti di viaggio come l’ltinerario dell'ebreo Beniamino da Tudela (1160 circa) mentre le vessazioni di Stato e Chiesa nei confronti delle giudecche si evincono dai documenti notarili delle Diocesi pugliesi e degli Archivi di Stato di Napoli e Bari. Le più antiche donazioni delle giudecche, che risentirono fortemente, in Terra di Bari, dell'esperienza dell'Emirato arabo e dei cambiamenti socio- politici che ne fecero da cornice, sono attestate in questi atti e risalgono al periodo compreso tra XI e XII secolo. Tra queste, la più rappresentativa è costituita dalla pergamena del marzo 1086 contenente la donazione ad Ursone, arcivescovo di Bari, effettuata da Sikelgaita, duchessa di Salerno, vedova di Roberto il Guiscardo. La storia, l'archeologia e la letteratura attestano la presenza di comunità ebraiche nel nostro Sud, rivelandone l'influenza culturale nei nostri territori. A questo punto, dobbiamo fare una precisazione: stando alle parole di Ahima'z, gli ebrei erano ben visti dai loro governanti e, se ci furono iniziative intolleranti (molte delle quali annullate) rappresentarono dei fenomeni isolati. Anche con i Longobardi, scrive il cronista, gli ebrei prosperano. I problemi iniziarono con il bizantino Basilio I il quale perseguitò gli ebrei.
"Con le chiavi in tasca", quindi, induce il lettore ad approfondire la materia trattata: infatti, la presenza di una operosa e unita comunità ebraica a Bari e, in generale, nel nostro Meridione, di cui si parla nel testo analizzato, ci induce a riflettere sulla complessità dell'eterogenea società del Sud italiano, argomento che merita attenzione e una digressione temporale.
Come attestato dalle fonti, durante il Medioevo sia in epoca post-normanna che sveva, il nostro Sud si caratterizza per un accentuato multiculturalismo divenuto fenomeno sociale nella legislazione federiciana. Nelle Assise di Capua (1220) e poi nel Liber Augustalis (1231) , Federico II promosse la conoscenza della cultura ebraica e musulmana, commissionando trascrizioni in latino di alcune opere.
Questa apertura, era attestata in epoca federiciana dagli insediamenti ebraici nelle città pugliesi di Ascoli Satriano, Bari, Biccari, Brindisi, Candela, Gravina, Nardò, Oria, Otranto, Siponto, Taranto, Trani e Troia. Quest’ultima, con la sua giudecca, era la più popolosa, celebre per i suoi mercanti facoltosi, detentori del monopolio del commercio della seta grezza. Federico, dopo un primo periodo influenzato dalla Curia papale, emanò iniziative importanti per il suo tempo. Infatti, nel Medioevo, non era scontato fidarsi o affidarsi agli ebrei in quanto ritenuti poco affidabili ed infidi.
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| Dall'alto a sinistra verso destra: ebrei dal cappello appuntito cercano di lapidare Cristo ( particolare di una miniatura del XIII secolo, Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique, ms. 9222, f.63), Giuda dipinto da Giotto col mantello giallo ( Giuda tradisce Cristo con un bacio, particolare , Cappella degli Scrovegni, Padova, 1303-04), ebrei con rotelle gialle ( Filippo Augusto espelle gli ebrei dalla Francia nel 1182, particolare, miniatura , Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique, ms. 6931(5), f.265r, dopo il 1321) , ebreo con rotella bianca e rossa ( Un ebreo bugiardo si ravvede, particolare , miniatura, Paris, BNF, ms. Française 820, f. 192r, inizio del XV secolo). |
Questi pregiudizi risalivano alla prima crociata , periodo in cui iniziarono a circolare false informazioni sul popolo israelita. L’antigiudaismo dilagante ebbe ripercussioni anche nell’arte in cui gli ebrei, dopo l'XI secolo furono soggetti a rappresentazioni caricaturali e grottesche.
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| La storia si ripete: caricatura e grottesco permeano la raffigurazione dei giudei. Giuda restituisce i trenta pezzi d'argento, Rembrandt van Rijn, 1629, olio su tela, collezione privata, foto da: Ebrei ricchi, avari e cospiratori: una mostra sfida gli stereotipi - JoiMag |
Sovrani come Luigi IX di Francia, uomini di Chiesa come Rodolfo il Glabro, Rabano Mauro e sant’Agostino (secondo cui l’ebraismo era giustificabile solo se relazionato alla perfezione cristiana) e predicatori come Pietro l'Eremita erano tutti d'accordo nel penalizzare gli ebrei per il solo fatto che esistevano.
In tutto questo, durante la storia medievale, anche i papi contribuirono all'ingiustizia: Innocenzo III, nel 1215, emanò il canone 68 durante il IV Concilio Lateranense. Il Pontefice, non solo vietò i matrimoni misti tra cristiani ed ebrei (come quello che, nel romanzo storico in questione, non potrà mai esser celebrato tra David e l'innamorata cristiana a testimonianza della sopravvivenza di leggi di questo tipo nel tempo) ma anche, con il suo decreto, costrinse i giudei a portare una rondella identificativa sugli abiti, legge che, in altra forma, proseguendo la lettura delle fonti, sarà decretata anche da Carlo V nel primo decennio del XVI secolo e poi nel 1539. L'obbligo di identificazione razziale attraverso rondelle, berretti, fasce o panni colorati prescritta dalle alte cariche dello Stato o della Chiesa, è un importante elemento storico presente nel romanzo di Francesco Loseto. Per esempio, nel testo, in riferimento agli eventi accaduti il 6 dicembre del 1506 si legge che "in città era stato diffuso il bando emesso il 13 novembre dal re di Spagna con cui si ribadiva che i giudei dovessero portare in pecto lo signo del tundo rosso e la pena de onze dece, de perdere i vestiti, ed altra pena reservata."
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| L’ ebreo prestatore di denaro , miniatura del Cantigas de Santa Maria, XIII secolo |
A questo punto, è lecito chiedersi le motivazioni di quest'odio antico verso gli ebrei. Un odio serpeggiante anche tra le strade della Bari basso medievale descritta da Francesco Loseto, riecheggiante nelle sole parole che un armigero di guardia rivolge con stizza al viandante appena giunto in città: "Jè arrevat n'altr gijdè".
Il motivo storico alla base dell'odio verso costoro era economico in quanto il disprezzo nei loro confronti cresceva proporzionalmente ai debiti che i creditori cristiani avevano in sospeso con loro per via degli alti interessi. La questione economica è trattata anche nel romanzo storico di Loseto, nel quale, alla religione, motivazione di facciata, si unisce quella pratica e quotidiana fatta di tasse, di oneri economici, di lavoro e permessi, di prestiti, debiti e crediti. Dunque è in nome dell'economia che il popolo giudaico sarà denigrato e offeso, ritenuto colpevole di false credenze come, ad esempio, la presunta contaminazione di vino, latte e carne venduta nelle macellerie di proprietà.
L'attività del beccaio, cioè del macellaio shochet, era praticata dai giudei che venivano istruiti al particolare metodo di macellazione rituale delle carni. Nel testo, si fa menzione a questa attività di formazione professionale che verrà abbracciata anche da David de Ysellos, protagonista del romanzo in esame.
| Propaganda e pregiudizio nel tempo: manifesto de "L’ebreo errante" documentario antisemitico della Germania nazista del 1940. Al centro campeggia la nera figura di un vecchio giudeo dall'aspetto sgradevole e il naso adunco. L'uomo con del denaro in mano, simbolo della sua avidità, falce comunista sotto il braccio, si staglia su un fondo giallo (un abbinamento dal valore fortemente simbolico, ancora oggi usato nella segnaletica che indica pericolo: il giallo e il nero sono infatti due colori che in natura si trovano su animali velenosi come le vespe e le api). Foto e info da : Arte-Blog: MANIFESTI STORICI DI PROPAGANDA (art-e-blog.blogspot.com) |
Se Federico II aveva dimostrato una certa apertura, con gli Angioini la situazione per gli ebrei cominciò a peggiorare costringendo molti a conversioni forzate. Questo accadde anche dopo, con gli Aragonesi, sulla scia delle persecuzioni in Spagna del 1391. Anche a questo si fa riferimento nell'opera di Francesco Loseto nella quale si descrive il soffocante clima di sospetto generale verso i conversi, ovvero i convertiti al cristianesimo, ritenuti ancora legati alla vecchia fede. Per stanarli, rivelando il presunto misfatto, anche in Castiglia sarà istituita l’Inquisizione, organizzazione già attiva in Aragona. Lo spettro della terribile istituzione spagnola, si avvertirà leggendo le pagine del romanzo attraverso la diaspora di tutti gli ebrei emigrati alla Spagna in Italia meridionale in seguito alla cacciata del 1492. Tra le fonti a nostra disposizione, colgo l'occasione per citare il caso storico di un testimone diretto di quegli anni crudeli, un ebreo realmente esistito il cui caso è ricordato nelle cronache contemporanee: si tratta del rabbino Yiṣḥaq Abravanel, economista ed ex ministro delle Finanze spagnolo, che, prima di trasferirsi a Venezia, approdato a Monopoli, scrisse il commento al Libro di Daniele. Altra testimonianza storica documentata è quella della famiglia Vaaz, sefardita, cioè di provenienza spagnola, residente in Terra di Bari nel XVI secolo. Costoro erano mercanti e investitori facoltosi, autori di quella rifeudalizzazione diffusa nel Meridione tra XVI e XVII secolo comportante il progressivo diradarsi dell’antica nobiltà di spada a favore dell’ascesa della nuova nobiltà di toga. La storia di queste persone è un'ulteriore attestazione non solo della vivacità imprenditoriale dei giudei in Terra di Bari ma anche della loro presenza in Puglia a seguito degli ingiusti decreti della corte spagnola.
Tornando all'opera di Francesco Loseto, in un vortice di situazioni sempre più dolorose, è importante la narrazione degli eventi successivi alle Prammatiche del 1511, alle quali molti ebrei si rifiutarono di obbedire, declinando l'obbligo di partenza, richiedendo procrastinazione.
Come l'autore specifica nella postfazione, questo accadde anche in seguito, negli anni Trenta del XVI secolo in risposta ai decreti della corte spagnola che, in veste di Carlo V, si risolse a concedere agli ebrei altri dieci anni di permanenza, per poi, intorno al 1539, in vista delle definitive imposizioni del 1541, accelerare la scadenza del provvedimento:
Man mano che i tempi stringevano, la situazione precipitava inesorabilmente e la morsa attorno alla comunità ebraica presente nel Meridione italiano si fece più stretta e pressante.
Non c’era più tempo e con l'Editto del 1541 si decretò la "fine del Sud italico ebreo". Possiamo vivere con Francesco Loseto il doloroso esodo e il tragico distacco dalla terra natìa, la preoccupazione per il futuro e per l'integrità culturale di queste persone, costrette, sin dai primi del XVI secolo, a lasciare la propria terra non prima di aver subito vessazioni e compromessi ingiusti.
E' struggente la scena descritta dall'autore in cui l'accalcarsi al molo per imbarcarsi, viene accolto senza un briciolo di empatia da concittadini baresi, tra gli insulti, lo scherno e l'indifferenza. Scene di triste e ben più recente memoria alle quali, nei suoi interventi, fa riferimento la senatrice Liliana Segre, condannandone l'ingiustizia senza tempo.
A questo proposito, nel romanzo di Loseto, assumono valore fondamentale due elementi: le chiavi che gli ebrei si portavano dietro nella speranza di far ritorno alle proprie dimore e l'ultimo incontro di David con Colavito, un cristiano per bene, l'amico di una vita, dal quale il nostro protagonista si reca per avere conforto nell'addio. "Ho trascorso la mia vita in questa città e ritengo di non essere molto diverso da tanti altri uomini della mia età." dirà David "Sento di appartenere a questa terra esattamente come te, come tutti voi cristiani , qui ci sono le mie radici e quelle della mia comunità che si è formata secoli fa. Tranne che per la religione, nulla mi rende diverso dagli altri." Così David confiderà a Colavito le sue scelte, le sue intenzioni, le sue speranze, proponendogli di affidargli i suoi averi in nome del ricordo. "Non potrei mai dimenticarti" rispose il cristiano " sei il mio miglior amico, e non saranno i tuoi soldi a farmi ricordare di te." Ed è in nome della memoria e della speranza di far ritorno, di fronte al freddo volere di Carlo V e del vicerè Pietro da Toledo desiderosi di sbarazzarsi della questione israelita il prima possibile, che gli ebrei raccontati da Loseto porteranno con loro le chiavi di casa nel cui tintinnio argentino è racchiuso il dolore profondo di un popolo costretto alla rinuncia e all'esodo. "La nave lentamente cominciò a prendere l'abbrivio. Dal ponte di coperta, tutti avevano lo sguardo rivolto verso la costa e osservarono la loro città che si allontanava. In alto spiccavano i torrioni del castello e le torri dei fortilizi sovrastati dall'enorme altezza della cupola e dei due campanili della Cattedrale. Dalle massicce mura marroni della Muraglia si innalzava la bianca Basilica di san Nicola. Poi, dal basso, dalle piccole case, cominciò a salire un fumo scuro che invase il cielo della città. Erano i fuochi delle cucine, i fuochi delle dimore dove si preparavano i pasti. Nelle altre case, ormai vuote, cominciò a penetrare il freddo. Era la normalità voluta dal dominio spagnolo." La storia parla a chi sa ascoltare...e Loseto ha fatto questo, ha lasciato la parola alla memoria della sua città, dando giustizia ad una capitolo dimenticato della Terra di Bari, riaccendendo memoria e consapevolezza attraverso la lettura del romanzo storico "Con le chiavi in tasca" capace di risvegliare riflessione e viva umanità, rendendo più consapevole il cittadino che, ne sono certa, passando per via San Sabino, nel cuore di Bari Vecchia, non potrà rimanere indifferente all'eco di una storia non più perduta.
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| Copertina del romanzo storico |
Descrizione:
Bari, 1495. David de Ysellos cresce in strada, gioca ai piedi della cattedrale o nella piazza del mercato, sfida a sassate squadre di coetanei, corteggia le ragazze, conosce il suo primo amore. Con tratto leggero e lievi accenti umoristici, l'autore ci fa seguire le vicende di vita di David, intraprendente e ribelle, portandoci gradatamente a condividere con empatia i suoi sentimenti. Ma David capirà presto di essere diverso dai suoi amici di Bari. Il tundo rosso che deve apporre sui vestiti sancisce la sua appartenenza alla comunità ebraica ai cui rigidi precetti egli non si è mai completamente adeguato. Dovrà lottare per una propria identità in un periodo storico costellato di editti sempre più penalizzanti per le comunità giudaiche. Per conquistare autonomia nelle sue scelta di vita, David dovrà affrontare da un lato il Rabbino, simbolo di una comunità arrovellata dal bisogno di auto-conservazione, e dall'altro la progressiva marginalizzazione operata dai dominatori spagnoli. Con questo romanzo, l'autore ricostruisce la vita nella Giudecca di Bari, una Giudecca di cui non vi è più traccia. È scomparsa fra i vicoli di Bari vecchia.
L'autore:
Francesco Loseto è nato nella città vecchia di Bari nel 1952. Ha lavorato per due anni sulle navi della marina mercantile italiana e panamense. E' laureato in Lettere e in Lingue e letterature straniere. Ha insegnato italiano e storia nei corsi serali per studenti-lavoratori.
Dettagli:
G. Galasso, "La feudalità napoletana nel secolo XVI", in Potere e società negli
R. Villari, "La feudalità e lo Stato napoletano nel secolo XV", in Cli I (1965), pp.555-575.










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