Il Culto della Dea Madre in pillole
Questo articolo vi stupirà.
Di solito parlo di Medioevo. Questa volta, per la festa della mamma, faremo un viaggio molto a ritroso.Ho già parlato di alcune straordinarie donne medievali : la sapiens matrona Trotula e la devota Dhuoda , madre e autrice di un Manuale dedicato ai suoi figli. Oggi invece andremo alle origini ancestrali del Culto della Dea Madre studiata dall'antropologa M. Gimbutas.
Cercheremo di capire , schematicamente, l'importanza che la donna, per via della procreazione, rivestiva nella Preistoria. Dunque , buona lettura e...auguri a tutte le mamme!
Pillole di archeomitologia sulla Dea Madre:
Breve introduzione:
In generale, per la Storia dell'Arte, questo periodo si dimostra essenzialmente arduo dal punto di vista archeologico a causa della frammentarietà e casualità delle testimonianze : nonostante questo, i reperti hanno dimostrato notevole importanza non solo per lo spiccato senso decorativo naturalistico e zoomorfo ma anche in virtù della destinazione d'uso particolare dei manufatti: magico , mistico e religioso. Attorno a questi ritrovamenti c'è un mondo composto da rituali e misteri che nel Paleolitico si espresse attraverso la riproduzione, e dunque il controllo, del reale. Al tempo, si viveva della raccolta spontanea dei frutti della terra e della caccia. Con il Neolitico ( dal greco νέος , ovvero "nèos", "nuovo" e λίθος ovvero "lithos", "pietra", quindi "età nuova della pietra" ) e i grandi cambiamenti non solo climatici e ambientali ( che portarono le comunità a diventare sedentarie dedite all'agricoltura e all'allevamento) ma anche tecnologici e culturali ( si crearono i primi villaggi, si inventò il telaio, si migliorò l'industria litica a vantaggio del lavoro agricolo e pastorale, si tracciarono le prime rotte commerciali via mare) la società cambiò notevolmente. A questo proposito, in virtù dell'influsso orientale proveniente dalle tratte commerciali, in Occidente si delineò la civiltà megalitica, ovvero una vasta area comprendente le isole britanniche, la Francia settentrionale , la penisola iberica, l' Italia meridionale (Puglia), il Nordafrica, le isole mediterranee (Sardegna, Corsica e Malta). Questa fu la civiltà dei menhir ( parallelepipedi di pietra dal significato magico rituale) e dei dolmen ( triliti composti da un lastrone di pietra poggianti su due monoliti verticali dalla funzione sepolcrale ). Questa civiltà, produsse diversi tipi di ceramica (senza l'utilizzo del tornio), decorate con forme più tendenti al geometrico.
Anche se astratti , i simboli erano comunque legati al reale e la loro diffusione in un vasto bacino (comprendente l' area Medio orientale, mediterranea, l'Europa centro-occidentale e settentrionale) ha rivelato la venerazione di una medesima Dea. Specialmente i ritrovamenti in Anatolia (Çatal Höyük, 6400 - 5400 a.C), Tessaglia, ( 6000 a.C), Iugoslavia settentrionale, Bulgaria, Ucraina, Moldavia , Romania e Sardegna ( ritrovamenti tombali sotterranei) hanno dato grande input a questi studi . Per l'uomo dell'epoca la Dea era una madre cosmogoniga dal cui ventre si generavano tutte le cose. La sua figura, tramite simbologia astratta ,ritorna sulle ceramiche rituali ritrovate in questi siti. I reperti sono ascrivibili al 6500- 3500 a.C per l'Europa sud- orientale e al 4500 - 2500 in Europa occidentale. Vi sono testimonianze anche del Paleolitico superiore rintracciabili anche durante l'epoca del Bronzo. La civiltà , studiata dalla Gimbutas era profondamente legata ai cicli della terra e della fertilità , un culto precedente a quelli indeuropeo e cristiano in cui al centro c'era la Dea e il mistero della procreazione. Non era infatti difficile trovare donne che avessero alte posizioni di prestigio e officiassero ai misteri rituali in qualità di sacerdotesse. Un santuario assegnato alla celabrazione della nascita lo troviamo proprio a Çatal Höyük, nel Santuario rosso ( perché le pareti e la pavimentazione avevano un colore rosso - brunito). I simboli trovatì al suo interno si rifanno al processo procreativo:
-la presenza di tondi bianco-giallognoli parietali con una spessa linea contornata di rosso indicante la cervice, l'anello muscolare sotto il quale l'utero inizia il suo viaggio;
- la presenza di linee ondulate sotto i cerchi potrebbero invece ricordare il liquido amniotico.
Spicca , in questa caverna, un sedile rosso sotto il quale precedentemente era stata costruita una piattaforma rialzata somigliante ad una pietra tombale o ad una mensa d'altare. Poco distante, in un pannello rettangolare, si nota un foro probabilmente destinato a libagioni ctonie. Le piattaforme dipinte di rosso corrispondevano all'area del parto, vi erano poi dipinte divinità cornute e figure con le gambe divaricate riferite al momento del parto. In questi siti (ed in altri postumi) sono state rinvenute statuette e riproduzioni di feti (presumibilmente al terzo o quarto mese di sviluppo). La Dea a cui facciamo riferimento è quella del Fato o dei Fati, è triplice come le Moire, le Norne o la Brigit celtica. E' signora delle Montagne, essendo l'incarnazione della fertilità della Natura. Governava sui monti, sulle acque, sulle pietre, sulle foreste e sugli animali . Indossava una maschera d'uccello acquatico ed era adorata in santuari e templi . Col tempo fu assimilata anche ad altri animali sacri come la cerva e l'orsa (come attestano alcuni ritrovamenti vascolari). Si credeva inoltre che alcune donne avessero la capacità, in nome della Dea ,di trasformarsi in cerve. Altro animale ad essa legato era l'orsa, associata alla maternità e al nutrimento.
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Statuetta in posizione seduta provenienti da Vinca , Medvednjak, Jugoslavia centrale , 4500 a.C circa. |
La Gimbutas ci informa che il culto della Dea, pur successivamente trasformato , sopravvisse come corrente sotterranea, in quanto soppiantato verso il VII -VI millennio a.C dalla civiltà kurganica (da “kurgan”, ovvero “tumulo”) proveniente dall’alto -medio bacino del Volga. Una civiltà basata su sepolture a tumuli circolari che ricoprivano le tombe dei maschi importanti. Era infatti una civiltà patriarcale, autrice dell’addomesticamento del cavallo ( animale di culto) abile nell’ultilizzo delle armi (arco e freccia, daga, lancia) i cui ripetuti disordini misero fine alla cultura dell’Europa antica tra 4300 e 2800 a.C.
Nonostante alcune eccezioni ( Thera, Creta, Malta e la Sardegna) la cultura patriarcale si impose su quella della Dea...i cui simboli nell’arte, nella letteratura, nella storia, nel sogno e nel mito sopravvivano ancora.
Bibliografia e Immagini:
M. Gimbutas, Il linguaggio della dea , Venexia , 2008
P. De Vecchi, E. Cerchiari, Arte nel Tempo. Dalla Preistoria alla Tarda Antichità, Tomo I, Vol. I, Bompiani, 2020
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