Roma a.D 1200 : Innocenzo III e la politica teocratica, la forza della comunicazione
Il distrutto mosaico absidale di San Pietro in Vaticano commissionato da Innocenzo III in un acquerello del 1550, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 5408, gol. 29v, 30r. |
Siamo nel XIII secolo e Roma non era mai stata così bella. Nonostante il fitto ricambio di Pontefici avvenuto nella seconda metà del 1100 , culminato con l’ultimo Papa , Celestino III , debole e di poco polso, Roma splendeva in una grandezza tale da affascinare Gregorius , autore della Narracio de mirabilibus urbis, giunto in loco in un momento imprecisato del 1200.
Nel 1198 era salito al soglio pontificio Lotario dei conti di Segni al secolo Innocenzo III. Rampollo di una famiglia feudale romana, impostò il suo pontificato in nome della teocrazia papale, rivendicando per sé il ruolo di capo della cristianità su tutti i governi della terra. Egli era infatti dotato di una concezione altissima del suo ruolo , dichiarandosi “vicario di Cristo” e non di san Pietro. Altri Papi prima di lui imposero il proprio potere , ma non con i suoi mezzi , vantando una propaganda semplice ed efficace, composta di metafore dalla schematica comprensione. Alcune espressioni come “ La Chiesa é come il sole e l’Impero é la luna che da esso riceve luce” erano già state utilizzate ( in questo caso da Gregorio VII , autore del Dictatus Papae ) per essere rielaborate e contestualizzate con maggiore efficacia nei suoi discorsi ma soprattutto nel suo agire concreto. E per realizzare il suo progetto , il Papa :
- impegnò tutte le sue energie per ricompattare i territori della Chiesa :
ridusse a semplice funzionario pontificio il capo del comune di Roma , bloccandone l’autonomia; costrinse i feudatari a rinnovargli il giuramento di fedeltà; recuperò l’Esarcato ( strappando la marca di Ancona e il ducato di Spoleto ai funzionari regi ), governando infine su una vasta area che tagliava l’Italia in due , dall’Adriatico al Tirreno, entrando negli affari della corona in qualità di tutore del giovane Federico II;
- rilanciò l’idea delle crociate , rimarcando il concetto di guerra giusta se combattuta in nome della Chiesa:
Innocenzo III fu il promotore entusiasta non solo nel 1212 della spedizione di Las Navas de Tolosa ( Andalusia) con la quale i re cristiani di Castiglia, Aragona e Navarra sconfissero il califfo di Cordova ( 60.000 musulmani furono uccisi o imprigionati) ma anche, anni prima, nel 1204 , della quarta crociata , atta alla ripresa di Costantinopoli, non più musulmana ...quindi perché tanto accanimento? Questa guerra fu l’inevitabile epilogo dei rapporti ormai deteriorati tra l’ Occidente e l’ Oriente, rimarcato non solo dalla perdita di potere ( e territori) di Bisanzio ma anche dallo Scisma dalla Chiesa di Roma nel 1054, a favore del credo ortodosso. La crociata fu bandita nel 1204 ma organizzata anni prima accuratamente dal Pontefice ( sin dal 1197) dando corpo a quell’idea di conquista che gli occidentali già nutrivano dal 1192 ( anno in cui morì il Saladino) . Dopo la presa di Zara, i crociati deviarono su Costantinopoli , prendendola nel 1203. A seguire lotte e congiure , che costrinsero l’Occidente a maniere ancora più forti : il 13 aprile del 1204, fu attuato il violento sacco di Costantinopoli , città paradossalmente considerata santa dai cristiani;
- fu il promotore della crociata contro gli eretici valdesi ed albigesi;
- per quanto riguarda la comunicazione , e dunque l’idea della grandezza pontificia che Innocenzo voleva restituire, grandissima importanza rivestì l’arte , come ci viene descritto dal biografo papale nelle Gestae Innocentii, seguendo l’antica consuetudine del Liber Pontificalis. Innocenzo commissionò come primo grande lavoro un monumentale intervento in Vaticano : la costruzione di un palazzo eretto nei pressi di San Pietro , munito di mura e di torri e poi lo splendido mosaico in Vaticano (oggi distrutto, in seguito agli interventi rinascimentali di Michelangelo ) del quale ci restano solo un acquerello commemorativo ( sopra, in foto) e alcuni frammenti sopravvissuti ai lavori cinquecenteschi : il volto di Innocenzo III, dell’Ecclesia e il tondo della fenice ( sotto, in foto).
L’antico mosaico Vaticano , trionfante sopra la tomba di Paolo, raffigurava nella prima fascia, in alto, su uno fondo stellato, Cristo in trono tra gli apostoli Pietro e Paolo. Nel secondo registro, in basso, dodici agnelli fuori dalle mura di una città e due figure al centro, davanti ad un altare . I dodici agnelli , simboleggianti i dodici apostoli uscenti dalle mure di Gerusalemme, assistono alla scena centrale, ovvero il matrimonio mistico tra Innocenzo III e l’immagine simbolica dell’Ecclesia (ovvero la Chiesa). Questa opera esponeva materialmente la volontà papale di stabilire la sua autorità , essendole stata concessa direttamente da Dio. Tale ruolo importante é palese nella raffigurazione di Innocenzo che assume una inedita collocazione centrale , svincolandolo dal ruolo di mero committente. In più, tranne per il ciclo politico di San Silvestro nell’oratorio lateranense di San Nicola, il Papa é sempre rappresentato a capo scoperto. Qui, l’autorità del pontefice é ulteriormente rimarcata dal copricapo che lo cinge : il phrygium , secondo la tradizione offerto da Costantino al pontefice che Silvestro con la sua Donazione. Queste riflessioni, vanno lette alla luce della simbolica Ecclesia , reggente il vessillo imperiale, incoronata come una sovrana. Le nozze spirituali , celebrate tra i due protagonisti del mosaico , procurano in dote al pontefice la plenitudinem potestatis, ovvero i pieni poteri , in uno spazio superiore all’umano. Perché il potere papale non deriva solo da Pietro ma da Dio attraverso Pietro. In foto (sopra) possiamo ammirare i frammenti di quest’opera perduta: i volti di Innocenzo e dell’Ecclesia e il particolare della fenice.
Nell’ultimo riquadro , in basso a destra , uno scorcio dell’Ospedale di San Tommaso in Formis, sul cui prospetto principale , Innocenzo commissionò negli ultimi anni di pontificato, un altro importante lavoro. Un mosaico ad opera di marmorari e di mosaicisti specializzati. In generale, il prospetto marmoreo della facciata fu effettuato da Jacopo di Lorenzo e suo figlio Cosma . La loro bottega collaborò con un mosaicista specializzato per la raffigurazione del tondo in facciata ( sotto in foto) . Collochiamo quest’opera nel giusto contesto storico. Nel 1215, il Pontefice convocò il IV concilio ecumenico lateranense : vi parteciparono da ottocento a milleduecento vescovi e arcivescovi , abati e badesse, anche per la prima volta , rappresentanti di re e cittá. Il ventaglio di questioni all’ordine del giorno era complesso e variegato: si stabilirono l’obbligatorietà della comunione e della confessione annuali, il modo giusto di riscuotere le decime, si impose agli ordini religiosi di conformare i loro capitoli sul modello cistercense, si fissò al quarto grado di parentela il limite oltre il quale i consanguinei non potevano sposarsi tra loro, si vietò ai chierici di assistere agli spettacoli di mimi e giullari.
In più, data la repulsione verso le altre religioni, “fonte di confusione”, Innocenzo impose agli ebrei di portare sull’abito un segno di riconoscimento, vietando ovviamente i matrimoni misti con i cristiani. Questo atteggiamento era la conseguenza dell’ ostracismo scatenatosi durante la prima crociata. Sotto Innocenzo, complice il suo atteggiamento, i rapporti tra ebrei e cristiani peggiorarono , concretizzandosi in orribili accuse nei confronti di questo popolo come l’infanticidio rituale. Da allora gli ebrei furono ripetutamente soggetti a provvedimenti di espulsione: dapprima temporanei , come quelli emanati dal francese Filippo Augusto nel 1182 e poi definitivi (nel 1290 dall’Inghilterra, nel 1306 Filippo il Bello li caccerà dalle regioni dello Champagne, Normandia e Linguadoca confiscandone i beni, anche nella Spagna musulmana furono trucidati e alcuni, per salvarsi la vita, si convertirono all’Islam).
Tornando al IV Concilio ecumenico, Innocenzo nel suo energico discorso, incoraggiò i suoi partecipanti alla lotta contro gli infedeli , tuonando di appoggiarlo e di seguirlo in battaglia in nome “dell’amare proximum tuum” ovvero del liberare i fratelli cristiani dagli infedeli, a costo del massacro dei saraceni (dettaglio volontariamente trascurato dal Papa) . L’infedele andava cacciato e non convertito! Nonostante queste idee, Innocenzo fu comunque costretto ad occuparsi del nemico tanto odiato per una altra questione: la guerra rendeva schiavi o prigionieri molti crociati. Per questo approvò e sostenne l’Ordine dei Trinitari nel 1198, originati da una visione del loro fondatore, il sacerdote Giovanni de Matha ( morto nel 1213). Costui, mentre celebrava messa il 3 febbraio del 1193, alzando gli occhi al cielo , vide “ Dio in trono che teneva nelle sue mani due uomini incatenati alle tibie , di cui uno appariva nero e deforme, l’altro magro e pallido”. Questa visione non solo divenne il sigillo ufficiale dell’ordine ma fu riprodotta in mosaico su larga scala sulla facciata del complesso di San Tommaso in Formis a Roma.
Mosaico della facciata dell’Ospedale di San Tommaso in Formis , Roma |
L’opera raffigura la visione di Giovanni de Matha e fu probabilmente realizzata intorno al 1210. Cristo in Trono é colto nell’atto di tener per una mano uno schiavo bianco incatenato e nell’altra uno di colore, parimenti in catene. Il primo rappresenta il cristiano incarcerato per la sua Fede, il secondo l’infedele da riscattare, evidenziando tutte le pressanti preoccupazioni missionarie del Pontefice. Se il primo soggetto, alla destra eletta del Signore, viene liberato avendo già le catene aperte, portando orgogliosamente in mano la croce rossa e blu dei Trinitari, sul lato sinistro, l’infedele musulmano nerissimo e dalle grottesche fattezze, presenta ancora le catene ben serrate ( metafora della schiavitú data dalla religione praticata ). In realtà la liberazione degli infedeli non era preoccupazione dell’Ordine e del Papa a meno che il loro riscatto non fosse buona merce di scambio per liberare i crociati prigionieri a patto che i musulmani, rinnegando la propria fede, si convertissero al Cristianesimo. E, in effetti, il sigillo riporta proprio questa finalità tanto cara all’Ordine , la redemptio captivorum , la liberazione dei cristiani dagli infedeli e la liberazione di questi ultimi dall’eresia tramite conversione. L’eretico é sempre posto alla sinistra del Signore , respinto, ma sempre destinato, previo pentimento ad essere reintegrato tra le braccia della Chiesa.In generale, come espresso da molti teologi e scrittori tra cui Fidenzio da Padova, un francescano attivo tra 1226 e 1294, autore del Liber de recuperatione Terrae Sanctae , spesso si affermava l’inutilità di predicare ai musulmani perché a priori riluttanti nel sentire qualsiasi dogma diverso da quello di Maometto: per questo, andavano solamente cacciati e combattuti. Ultimo progetto ideato durante il pontificato di Innocenzo III fu il mosaico absidale di San Paolo Fuori le Mura , a Roma, realizzato concretamente a partire dal 1216 da Onorio III.
Bibliografia e immagini:
A. Iacobini, La pittura e le arti suntuarie: da Innocenzo III a Innocenzo IV (1198-1254), in Roma nel Duecento. L’arte nella città dei papi da Innocenzo III a Bonifacio VIII, pp. 237-245 , Roma , SEAT, 1991
C.Frugoni, Paure Medievali. Epidemie, prodigi, fine del tempo, cap III, pp. 209 -212, Il Mulino, 2020
G. Piccinni, I mille anni del Medioevo, cap. III, 275-288, Bruno Mondadori, 2000
G. Vitolo, Medioevo. I caratteri originali di una epoca di transizione, cap. XVIII, pp. 333-334, Sansoni, 2003
Commenti
Posta un commento