In partibus infidelium. Le Crociate
“É ben ragion, s’egli avverrà ch’in paceil buon popol di Cristo unqua si veda,e con navi e cavalli al fermo Tracecerchi ritòr la grande ingiusta predach’a te lo scettro in terra o, se ti piace,l’alto imperio de’ mari a te conceda.Emulo di Goffredo, i nostri carmiintanto ascolta, e t’apparecchia a l’armi”
T.Tasso, La Gerusalemme liberata, I,5
I crociati conquistano Antiochia durante la I crociata, miniatura, intorno al 1268, da Guglielmo di Tiro, Histoire d’Outremer. Firenze, Bibl. Laurent., Plut. LXI, 10, f. 60v. |
Non potevo iniziare questo argomento senza il dovuto riferimento alla celebre Gerusalemme Liberata del Tasso, e, nello specifico, agli ultimi versi del proemio in cui l’autore, dopo aver ricordato con grandi encomi le prodezze di Goffredo di Buglione in Terrasanta , aver invocato la “musa” ovvero l’ispirazione divina e ringraziato il suo mecenate Alfonso II d’Este , si concede in conclusione il positivo auspicio di infondere in tutti coloro che seguiranno l’esempio di re Goffredo il coraggio necessario per difendere dal nemico turco il Santo Sepolcro ovvero “la grande e ingiusta preda”.
Le Crociate vanno intese come tratto strutturale della società cristiana, così tanto importante da influenzare eventi postumi come la conquista spagnola d’America o il secolare conflitto con l’Impero Ottomano. Partire per le crociate era un fenomeno normale per i contemporanei , molti dei quali morendo, lasciavano in testamento una certa somma per permettere ai loro rampolli di finanziare altre spedizioni.
Ma come nasce la crociata? Si delineò come particolare forma di pellegrinaggio ... armato !
Questa dinamica non andava in contrasto con le idee dei primi cristiani i quali si rifiutavano di effettuare i sacrifici all’imperatore e prestare servizio militare? Perché , in generale e a prescindere , chi partiva per la Terrasanta si armava ?
In che modo la Chiesa trasformò l’idea del cavaliere da semplice brigante a militare che difende e che uccide? In nome di chi e di cosa?
A questo punto sono doverose le spiegazioni:
- in primis l’importanza rivestita dal pellegrinaggio nel Medioevo : in gruppi ci si spostava lungo le vie che avrebbero condotto il fedele nei luoghi ritenuti di culto: Santiago di Compostella, Costantinopoli, Roma o San Nicola a Bari.
Interessante il caso di Santiago dove nell’XI secolo fu costruita una splendida cattedrale ritenuta sepolcro dell’apostolo Giacomo nominato nel XII “matamoros” , uccisore dei Mori , colui che contro il nemico infedele veniva invocato a gran voce ( sotto , in foto).
Non a caso proprio tra XI e XII secolo il culto del Santo viene profondamente incentivato.
S. Giacomo a cavallo, “metamoroso”, 1326 . Santiago, Archivio de la Catedral 2, Tumbo B de la catedral di Santiago |
- In secondo luogo il fatto che si accetti l’idea della guerra da parte di una autorità legittima e che , in special modo la Chiesa la faccia sua, autorizzando l’utilizzo delle armi appellandosi in primis ai testi sacri ( Davide portava le armi, Gesù che avrebbe espresso la precisa volontà di esser portatore di spada e non di pace). Chiaro che, sia per la religione cristiana (ormai canonizzata) che per quella islamica l’interpretazione dei passi in senso letterale o allegorico , ha fatto la differenza nel tempo. La Chiesa, in un primo momento biasimò la figura del cavaliere o meglio del militare , familiarizzando con essa e con l’idea della guerra a patto che fossero autorizzate da una legittima autorità, con logica penitenza pubblica successiva.
Arrivò ad accettare l’idea specifica di Crociata solo dopo, in quanto conflitto combattuto in nome della Chiesa: i suoi cavalieri non sono più semplici carnefici impegnati in qualche conflitto senza importanza ma diventano vassalli al servizio di Cristo, dei martiri , le cui gesta sono esaltate dalla letteratura, come la Chanson de Roland. Uomini che riscattano l’onore e che avranno l’accesso in Paradiso.
Piccola parentesi sulla controparte islamica.
Chi non ha mai sentito parlare di Jihad?
Questa parola, molto presente nel Corano , si in quadra in una frase ben precisa “Jihad fi sabil’illah “e cioè “combattere sulla via di Dio”. In sostanza anche i musulmani si trovarono a far i conti con un concetto già ben chiaro nella mentalità comune cristiana: il combattere per volere di una divinità superiore. Di Jihad se ne parla specialmente nella sura XXII , che tra l’altro si chiama “sura del pellegrinaggio”. Essa incitava al combattimento solo in caso di aggressione in difesa di se stessi e del loro Signore Dio. Quindi quando i crociati approdarono in Terrasanta il popolo autoctono si sentì più che in dovere di reagire! Specie nella sura II si raccomanda ai fedeli , i mujahiddin, con grande contraddizione, di non uccidere nei templi sacri, di non eccedere nei massacri, di combattere finché non vi sia più discordia civile ma di massacrare tranquillamente i miscredenti della fazione opposta. Quindi, prima di procedere e approfondire l’ argomento, ricordiamoci che parliamo di due mondi aventi radici comuni ma dalle idee divergenti.
Gerusalemme e le Crociate in Terrasanta :
Ritornando al pellegrinaggio, la meta più ambita rimaneva il Santo Sepolcro a Gerusalemme , in Terrasanta , divenuto da un certo punto della storia luogo più pericoloso di altri. Gerusalemme rivestiva una importanza enorme : era un simbolo rappresentato in tutte le chiese cristiane, nei mosaici, negli affreschi, nelle miniature, ricordata come “gemma preziosissima” donata da Dio agli uomini nell’Apocalisse di Giovanni .
Questa città era punto di riferimento non solo per i cristiani ma anche per ebrei e musulmani.
In generale, viaggiare per raggiungere un luogo di culto non era facile: un pellegrino che partiva ad esempio da Parigi , doveva attraversare i Pirenei, Roncisvalle , effettuare dei bagni purificatori prima di poter avvistare Santiago dal Monte della Gioia. Come tradizione esigeva, il pellegrino raccoglieva una conchiglia sul litorale dell’Atlantico per porla sul suo cappello.
Il viaggio non era finito.
Egli si dirigeva più giù, attraverso i Pirenei, verso Roma , facendo tappa in ospizi retti da monaci lungo la via. E dopo Roma ancora più a Sud , verso Bari , per poi imbarcarsi a Brindisi verso la Terrasanta, Gerusalemme e il Santo Sepolcro.
Oggi abbiamo tutte le comodità ma , in generale, non era facile viaggiare all’epoca:
“All’inizio c’era la strada” , si é potuto dire con meno senso parodistico che verità, per esprimere l’importanza fondamentale della strada che permette di unire , di sbloccare cellule autarchiche e autonome e che canalizza le idee, le tecniche , le mercanzie e gli uomini”
Questa emblematica frase dello storico R. Delort, ci fa capire come a prescindere il mettersi in viaggio, per quanto ci fossero ancora le antiche strade romane, comportasse molti pericolosi intoppi ( zone impervie, briganti, pirati). In particolare, seppur tra X e XI secolo si registrò un miglioramento nei traffici e negli spostamenti, Gerusalemme , rappresentava un luogo assai difficile da raggiungere e affrontare: non era più in mani cristiane dal VII secolo.
Infatti, dopo la morte di Maometto, gli arabi strapparono il Medio Oriente a Bisanzio ( alla parte superstite di quell’Impero romano molto più vasto, divenuto cristiano nel IV secolo). Ovviamente , come dicevamo, anche Gerusalemme entrò a far parte dell’ impero arabo, del califfato governato da Baghdad.
Ma non é ancora questo il periodo in cui nasce l’idea della crociata.
I rapporti tra Oriente ed Occidente continuano a sussistere : Carlo Magno, ad esempio, fu uno di quei sovrani che commerciavano con l’ Oriente. É noto lo scambio frequente di doni e di merci con il grande condottiero Harûn al - Rashid , califfo di Baghdad. Tra i vari regali degni di nota inviati a Carlo, il celebre elefante Abul Abbas, sbarcato a Pisa nell’801 insieme ad una delegazione di ambasciatori del califfo , prodigo anche di stoffe preziose, altri animali esotici come le scimmie , candelabri e un padiglione da campo. Carlo Magno restituiva tali gentilezze, non solo perché , come ci informa il suo biografo Eginardo, era conscio che un buon sovrano doveva essere necessariamente munifico sia nelle attenzioni rivolte al suo regno che ai forestieri, inviando in Oriente cani da caccia, i migliori cavalli, muli e stoffe pregiate.
Ma era palese anche altro: la chiara intenzione dell’Imperatore di mantenere buoni rapporti non solo commerciali ma anche diplomatici con l’Oriente, al fine di avere il giusto appoggio per proteggere in loco le comunità cristiane spesso prese di mira dalle tribù beduine.
Quindi i problemi nascono dopo.
Siamo a cavallo del Mille.
L’XI secolo per l’Occidente europeo comportò sicuramente una notevole crescita demografica , con abitati più numerosi che crescevano di pari passo alle aree coltivate , ricavate strappando terreno a foreste o boschi (dando vita al fenomeno delle ville franche , agglomerati urbani che nascevano tagliando il bosco con sentieri paralleli lungo i quali si costruivano le abitazioni, andando poi ad “attaccare” la parte boschiva al fine di trasformarla in raccolto) oppure bonificando le acque del mare o delle paludi .
Ma alle grandi invenzioni o miglioramenti agricoli ( rotazione triennale dei campi, l’aratro a ruote rinforzato con parti metalliche, l’energia idrica utilizzata per la lavorazione di cereali, grano o castagne) e alla ripresa della vita cittadina tra XI e XII secolo con tanto di nascita della borghesia, al di là del Mediterraneo, approdarono i Turchi meno colti e più guerrafondai degli arabi. Costoro frantumarono il Califfato in tanti staterelli più piccoli, rendendo ancor più pericolosa la Terrasanta, minacciando Bisanzio.
La reazione dell’Occidente:
Gli occidentali si sentirono colpiti due volte: non solo dai Turchi che minacciavano ad Oriente ma anche dall’Islam degli emiri arabi e berberi che spadroneggiavano in Spagna , dove verrà condotta la famosa Reconquista cioé il recupero dell’Andalusia occupata dal califfato di Cordova e l’emirato di Granada pericolose istituzioni , nocive anche per l’integrità del santuario a Santiago!
Non si poteva più perdere tempo e la Chiesa, che aveva rimarcato più volte la sua autorità durante la Lotta per le Investiture, scese in campo di nuovo, il 27 novembre del 1095: Papa Urbano II , monaco cluniacense eletto nel 1088, sulla scia del modello politico e riformista di Gregorio VII, durante il Concilio di Clermont Ferrand , con un energico discorso spronò tutti i bravi cristiani a partire oltremare, infondendo nei loro cuori quel sentimento non solo di azione divina nel proprio intimo ma anche di salvezza e rivelazione ottenibili epurando dal nemico infedele i luoghi sacri della cristianità, quegli stessi che anche per la controparte nemica avevano valore. Al di là delle motivazioni prettamente spirituali, Urbano II , tanto elogiato per il suo discorso dallo storico Fulcherio di Chartres ( lo stesso che seppur appoggiando le crociate ne biasimava le dinamiche troppo cruente) , da autorità temporale, intendeva con tutte le probabilità , riprendersi parte del maltolto strappato dai turchi ai bizantini ( non senza una vena di xenofobia molto diffusa in Occidente , data la latente diffidenza e incomunicabilità tra genti diverse).
Per questo , con l’aiuto del vescovo di Puy, Aimar de Montel e del conte di Tolosa, Raimondo V di Saint - Gilles, intendeva riunire un migliaio di uomini di sperimentato valore , tutti volontari devoti provenienti specialmente dal Sud della Francia. Il suo intento era quello di creare una milizia unitaria nei valori e nell’ideologia , riprendendo le redini della cristianità che doveva essere praticata nel suo ambito geografico e umano tradizionale.
L’exercitus Dei si compose di un gruppo eterogeneo dal punto di vista prettamente ideologico: al di là delle motivazioni spirituali , l’Oriente dava all’Occidente la possibilità di far bottino e di sfogarsi contro quel “diverso” così scomodo! Quel “diverso” valutato come pagano e barbarico.
Dunque proprio per questo la prima crociata, banco di prova per l’auctoritas papale e per la sua capacità di coagulare attorno a sé le energie della cristianità in un programma preciso, fu entusiasticamente accolta in un tripudio di solidarietà da tutta l’Europa.
In primo luogo furono contenti i predicatori, come Pietro l’Eremita : proveniente da Amiens, fu autore della redenzione di molte donne dai facili costumi. Ormai pie seguaci , lo accompagnavano nei suoi spostamenti. La primissima crociata , in senso cronologico, fu organizzata nel 1096 ed é passata alla storia come quella dei poveri di Cristo perché organizzata proprio da predicatori e da un manipolo di fedeli disarmati o equipaggiati alla meglio per il viaggio d’oltremare. Ricordiamo che i predicatori non erano sempre dolci e diplomatici: ad esempio, come riportato anche dallo storico J.Flori, Pietro l’Eremita fu promotore di cruenti pogrom antiebraici a Gerusalemme (caduta in mano cristiana solo anni dopo, con la battaglia di Ascalona ) durante la prima vera spedizione crociata avvenuta nel 1099 anno in cui fu nominata capitale del Regno comprendente Siria, Giordania, Israele, Palestina e Cipro . Il Regno fu organizzato secondo il modello feudale e dominato da una elité che tentò d’esser autonoma .
Tornando a noi, ancor più felici all’idea della Crociata , furono gli aristocratici che vi parteciparono , intendendola non tanto come occasione di “remissione dei peccati” ma più come opportunità per accumulare ricchezze , in una Europa , alla fine dell’XI secolo , già in forte crescita demografica ed economica.
Nel 1097, Anselmo , signore di Ribemont scriveva all’arcivescovo di Reims Manassès:
“Sappiamo per certo che abbiamo conquistato per il Signore più di duecento città e castelli. Sia ringraziata la nostra madre Chiesa d’Occidente per aver generato uomini che hanno reso il suo nome così glorioso e che hanno aiutato la Chiesa d’Oriente in modo così meraviglioso.”
Anselmo aveva ragione quando si riferiva agli uomini meravigliosi, ossia ai combattenti capaci: al di là della prospettiva religiosa e, in maggior parte economica, partire per la Terrasanta non era uno scherzo!
Combattere le battaglie d’ Oriente implicava contro attaccare le armate turche, estremamente abili ed astute, profonde conoscitrici di una terra che abitavano da generazioni. Esse avevano come principale caratteristica la mobilità : in virtù dell’armamento più leggero rispetto ai militari occidentali, i turchi erano in grado di incalzare meglio il nemico, di aggirarlo, di scompigliarlo, di tirar frecce da cavallo con i loro “archi turcheschi”, e , approfittando dello scompiglio creato, di lanciarsi in feroci scontri corpo a corpo. Ci voleva abilità militare da parte dell’exercitus Dei, diviso in tre gruppi : i Franchi, i Provenzali e i Normanni del Sud i cui sforzi in battaglia furono severamente coordinati. Simbolo che li contraddistingueva era la croce di stoffa cucita sulla veste...Croce che si lordava del sangue che spargevano al loro passaggio, sfogando quella rabbia xenofoba e sete di ricchezza alla quale abbiamo spesso accennato. I milites Christi , vassalli del Papa , non erano infatti misericordiosi: i Franchi , specialmente , si accanirono nel voler latinizzare ogni chiesa che incontravano sul loro cammino nell’ideologia comune che le popolazioni d’oltremare fossero tutte barbariche. Del resto, lo stesso Papa Urbano II fu chiaro : turchi ed arabi erano popoli inferiori e teologi come Guilberto di Nogent ,in opere come le Gesta Dei per Francos , non potevano che esser d’accordo. Infatti, il crociato era un militare superiore agli altri proprio perché coinvolto nella lotta in Terrasanta, essendo vassallo del Papa , rientrando in quel manipolo di eletti che servivano quell’ aulica causa.
Illuminanti a questo proposito sono le parole di Fulcherio di Chartres: “ Che marcino dunque in battaglia contro gli infedeli [ ...] Che si facciano cavalieri di Cristo, quelli che fin ora non erano che briganti! Che attacchino con buon diritto i barbari [...]Guadagneranno così ricompense eterne , quelli che si facevano mercenari per qualche miserabile soldo!”
Il mondo Occidentale si dimostrò intransigente nei confronti della controparte che , tentando di instaurare un dialogo , facendo perno sulla ideologia non violenta del Cristianesimo ( almeno in teoria) , riceveva sempre la solita risposta: ovvero che le zone occupate o assediate erano di diritto occidentali in nome della Santa Madre Chiesa e che le uccisioni degli autoctoni erano più che legittime poiché punizione giusta per coloro che tentavano di distruggere la vera Legge di Dio! Ciò potrà sembrare cinico e assolutamente privo di senso ma nell’ottica di quel tempo la pace di Dio nella cristianità implicava assolutamente per necessità la partecipazione alla crociata.
Pietro l’Eremita incita a partire per la crociata del 1095, dal Romanzo del cavaliere del cigno, XIII secolo. Parigi, Bibli. dell’Arsenal, ms 3 139,f. 176v. |
Con il tempo solo una piccola parte dei crociati continuò a vivere in Terrasanta.
I numeri:
In generale, in guerra, la superiorità numerica era dalla parte dei crociati?
Non si hanno notizie certe. Si sa solo che i fanti e gli ausiliari erano molto più numerosi rispetto alla cavalleria ( molto più scarna) e che da Bisanzio non arrivarono che aiuti di portata modesta. Inoltre ricordiamo che, con l’avanzare del tempo l’aiuto dall’Occidente fu sempre più scarso o addirittura nullo!
Si poteva contare sulle popolazioni cristiane insediate in Oriente, sulle flottiglie inglesi e genovesi , sull’azione dei pirati (come Guynemer de Boulogne ) garanti di un certo controllo sul mare. Le imprese dei crociati ci appaiono dunque più incredibili se pensiamo che né dall’Imperatore germanico, né dalla Francia , né dall’Inghilterra ci fu un aiuto costante forse in virtù del pensiero comune che la questione d’Oriente fosse solo un breve capitolo. Ed invece no. Da quel fatidico 1099, a seguire, due secoli di Crociate durante le quali, con la benedizione della Chiesa ( che così utilizzava a suo vantaggio la forza bruta degli armati in nome della difesa della cristianità) e le giuste garanzie legali e monetarie ( debiti dilazionati, case non confiscate e garanzie di sostentamento per le famiglie dei soldati cristiani in partenza) , i crociati difendevano quanto conquistato o perso contrattaccando ogni azione nemica.
Perché una volta conquistati quei territori andavano difesi!
Solo nel 1187 il Saladino riprenderà Gerusalemme , anche se molto del Medio Oriente rimarrà in mano crociata . Infatti , nel 1291 i musulmani strapperanno ai cristiani il loro ultimo baluardo, il porto di San Giovanni d’Acri (mentre Cipro rimarrà occidentale per altri tre secoli). Ci saranno tentativi successivi di dialogo con la controparte nemica ( San Francesco d’Assisi o Federico II) ovviamente visti malissimo da entrambi gli schieramenti che avevano sete di guerra.
In una Europa xenofoba questi due esempi sono di grande controtendenza. San Francesco, ad esempio, sbarcato a Damietta , in Egitto, in piena quinta crociata , cercò di dialogare con l’Oriente attraverso il Vangelo, scortato da un gruppo di seguaci.
É incredibile come il Santo rappresenti tutt’oggi un modello di purezza che va al di là delle umane controversie e che fu di portata innovativa specialmente in quel tempo di guerra continua. Siamo nel 1221 e il Santo redige una regola non bollata nella quale invita i frati cristiani a vivere senza litigi tra quelli musulmani, rispettandosi reciprocamente. Questa regola fu ammantata da una patina di leggenda ben quarant’anni dopo la morte di Francesco , dal seguace San Bonaventura nella Legenda maior , biografia del fondatore del suo ordine, diventata dal 1266 in poi, l’unica ufficiale su San Francesco.
Bonaventura parla della proposta di evangelizzazione nei confronti del sultano Malik - al - Kamil, con tanto di sfida corredata : entrare insieme a San Francesco e ai suoi seguaci nel fuoco purificatore. Il sultano si dimostrò un interlocutore molto duro da convincere tant’é che, secondo il parere della storica C. Frugoni , sarebbe stato dipinto con la pelle bianca e non scura ( in foto, sopra) proprio per distinguersi dal resto dei barbari al suo servizio, essendo di livello culturale più alto.
L’Oriente e le sue genti erano infatti viste come inferiori, tant’é che Norman Daniel, ambasciatore inglese al Cairo e profondo conoscitore dei rapporti tra Arabi ed Occidente, ritiene molto probabile che in quel primo discorso del 1095 , Urbano II non abbia detto nulla di nuovo o meglio abbia dato solo il legale permesso per muovere guerra verso l’odiato Oriente, essendo l’Occidente già pervaso da un latente e ben radicato sentimento di xenofobia e voglia di sangue che aspettava solo il giusto momento di esplodere al seguito dei grandi della nobiltà europea. Come si legge nella Chanson de Roland, chi combatteva contro gli infedeli era un martire. Restava tra i crociati l’idea di essere sempre assistiti da Dio o dai Santi ( l’apparizione al monaco Pietro Bartolomeo di Sant’Andrea e il ritrovamento, molto discusso, della Sacra Lancia durante la presa di Antiochia nel 1097).
Nella sua realtà effettiva le crociate furono sempre guerra e in guerra i crimini sono sempre quelli: prevaricazioni, stupri, atti addirittura di cannibalismo. Di questo ne parla ad esempio la Chanson di Antiochie, appartenente al ciclo francese celebrativo delle crociate, rimaneggiato nel XII secolo. É qui che scopriamo che proprio sotto la direzione di Pietro l’Eremita , arrivati ad punto limite dato dalla fame e dagli stenti, i crociati ebbero il permesso di arrostire e mangiare la carne dei nemici turchi o arabi periti in battaglia.
Di certo i Franchi non furono prodighi di delicatezze: i saccheggi erano all’ordine del giorno , arrivando a sventrare , bruciare ed abusare dei corpi dei nemici alla ricerca di probabili ori nascosti o ingeriti. Costoro uccidevano senza pietà , considerando gli autoctoni insetti da schiacciare. Le atrocità continuarono anche nelle crociate successive in nome della cupidigia e degli istinti più bassi. Insomma, di spirituale non vi era poi nulla.
I protagonisti principali:
Goffredo di Buglione in una stampa del XVII sec |
Altro personaggio degno di nota fu Goffredo di Buglione , re di Gerusalemme, primo inter pares , tra quei comandanti con i quali sapeva spartito il vasto Regno di Gerusalemme che comprendeva la Turchia fino all’Egitto.
Un sovrano che nelle crociate ci credeva davvero era Luigi IX detto Il Santo.
Seppur a fine Duecento , quando l’ idea delle crociate andava pian piano esaurendosi, Luigi , devotissimo cristiano , intendeva la crociata come penitenza . Spesso percorreva interi tratti a piedi, privo di scarpe , con il bastone da pellegrino (come racconta il cronista Salimbene da Parma). Luigi partì per la crociata perché fece voto di andarci. In realtà quando giurò , era molto malato. A nulla valsero le proteste della madre e del vescovo di Parigi per non farlo partire : Luigi, ormai guarito e in sé, aveva deciso di mettersi in viaggio e così fece. La sua meta fu l’Egitto perché egli intendeva interrompere i collegamenti interni al mondo musulmano al fine di far cadere Gerusalemme da sola. Nonostante le malattie e le epidemie ( dissenteria ) che colpiranno anche lo stesso sovrano, egli rimarrà a combattere con il suo popolo verso il quale si dimostrerà sempre misericordioso. Molte informazioni sulla sua vita provengono dai ricordi di Jean de Joinville , suo fidato vassallo, devoto al pari del sovrano (morto nel 1270, che ben incarnava gli ideali della Crociata).
Non possiamo non parlare di Riccardo Cuor di Leone, protagonista delle crociate ben prima del francese Luigi. Giunse in Terrasanta dopo la vittoria del Saladino ad Hattin . Riccardo era un uomo di polso, che seppe tener testa al nemico , assediando, tenendo testa ai musulmani come un grande guerriero sa fare, trasformandosi così in un eroe, crimini di guerra a parte.
Conclusioni e riflessioni:
“[...] il difficile è capire. Capire come vivono e che cosa pensano popoli di altri paesi che parlano una lingua diversa dalla nostra. Capire perché, ad esempio, ai giapponesi piace mangiare il pesce crudo ancora vivo, mentre noi italiani lo cuociamo per bene; perché i russi vanno matti per l’hockey sul ghiaccio mentre noi preferiamo il calcio [...] Quando si sbarca in una nazione lontana e diversa, la nostra prima reazione è sempre un po’ di stupore e spesso di rigetto. Che gente curiosa. Che abitudini bizzarre. Che lingua impossibile. Che città strane. Dopotutto la parola “straniero” è appunto sorella gemella della parola “strano”; addirittura nel mondo greco “straniero” si diceva barbaro.”
Queste illuminanti parole non sono di uno storico o di un teologo, né tantomeno di un medievista. Questo breve intervento é tratto da una opera che é stata per me illuminante, scritta da un giornalista contemporaneo, Vittorio Zucconi. Il mondo, seppur con le dovute conquiste e miglioramenti , rimane sempre lo stesso, a quanto pare. Vi é da sempre una latente vena di xenofobia e di incomunicabilità tra popoli diversi, ritenuti troppo strambi o troppo bizzarri.
Come ricorda giustamente Zucconi , “straniero” anticamente equivaleva a “barbaro”.
E barbaro, nel contesto specifico delle crociate, equivaleva a infedele.
Ma straniero, barbaro o infedele rispetto a chi?
Erano queste le domande che si faceva la coltissima Anna , figlia dell’imperatore bizantino ( basileus ) Alessio Comneno, vissuta tra XI e XII secolo. Anna parlava in greco, conosceva la filosofia, la letteratura di quel mondo chiamato con suo grande ribrezzo “bizantino” dagli occidentali ed era ortodossa. All’epoca dell’arrivo dei crociati era già adulta e da figlia devota , in ricordo del padre, era impegnata nella stesura di una sua biografia.
Suo padre, Alessio aveva avuto molte volte occasione di incontro/scontro con gli occidentali , con quei crociati che la stessa Anna chiama a sua volta barbari, perché per lei, i veri eredi della tradizione antica risiedono a Costantinopoli. Questi occidentali , questi crociati , questi “barbari che vivevano fra l’Adriatico e le Colonne d’Ercole” come Goffredo di Buglione o Boemondo d’Altavilla, denominati conti dalla principessa “erano numerosi come le foglie e i fiori della primavera, per citare Omero” e “ migrarono in massa verso l’Asia”.
Anna guardava costoro il medesimo sospetto che gli occidentali riservavano al suo popolo : non aveva tanto timore della massa, di coloro che sinceramente volevano pregare nei Sacri Luoghi . Erano piuttosto i capi, i comandanti, insomma i padroni di quella società divisa in tanti feudi, dove ognuno spadroneggiava a casa sua, a preoccuparla . Costoro erano i figli rissosi , ben equipaggiati e dagli attacchi prepotenti di un mondo così lontano dal suo, colto e raffinato. In più i crociati erano maleducati e loquacissimi in quanto non misuravano il tempo per parlare a loro disposizione con una clessidra come in uso presso gli oratori antichi . La principessa aveva un concetto negativo anche del clero occidentale.
Era incredibile per lei vederli scendere in battaglia a differenza dei preti ortodossi!
Anche i musulmani vedevano nei crociati dei conquistatori, avendo in special modo nei confronti dei Franchi una bassissima considerazione: erano nientemeno che dei rozzi presuntuosi! Questa la considerazione che ne aveva anche un importante capo musulmano, Usama Ibn Minqidh. Se ad esempio i medici musulmani riuscivano a curare con terapie , diete o impacchi frutto di studi scientifici ( sempre considerando l’epoca ) , i medici Franchi erano molto più grezzi e senza mezze misure nella pratica. Noto é il caso di un cavaliere sofferente per un ascesso alla gamba : per il medico musulmano poteva essere curato con un piccolo intervento e con successivi impacchi e unguenti, seguendo una terapia ben precisa, per quello Franco, invece , la via più giusta era il taglio dell’arto. Usama si stupisce inoltre della poca gelosia che i Franchi nutrivano nei confronti delle loro donne, del loro essere maneschi e senza pudore...eppure nonostante i loro difetti, questi Franchi erano comunque considerati dal sultano uomini di valore e coraggio in guerra. E questo valore alla fine ,avvicinò il sultano a quei Franchi tanti bizzarri , riuscendo persino a stringere amicizia con alcuni di loro.
Ancor oggi, esistono molti luoghi comuni sull’Islam dovuti in parte all’ antico retaggio , in parte alla storia contemporanea e ad eventi catastrofici come l’11 settembre. “L’Islam é una minaccia” scrive in modo provocatorio, per farci riflettere, lo studioso F. Cardini intenzionato a sfatare una serie di luoghi comuni sull’oriente, sull’Islam e su coloro che noi reputiamo “diversi” , complici i mass media troppo impegnati nell’evidenziare sempre l’eccezione negativa ( presente in ogni etnia e cultura) e non la moltitudine di azioni quotidiane grandi o piccole di musulmani che vivono e lavorano normalmente. Che il terrorismo esista é un fatto, che ci siano musulmani non perbene é un fatto, ma non per questo tutti i musulmani lo sono. Sembra quasi che lo spirito delle crociate non sia mai totalmente finito, nel senso che quelle aree orientali che tanto apertamente si bistrattano, sono ipocritamente le più ambite per le necessarie materie prime. Ed ecco la strumentalizzazione da parte dei potenti, dei mass media, degli intellettuali dalle considerazioni , alle volte , troppo radicali ( come Oriana Fallaci che riteneva l’Islam moderato una chimera). Vi é di certo un ristretto bacino di intolleranza da una parte, perché vi sono tanti Islam dove manca una canonizzazione, ma dall’altra, in generale , non possiamo parlare di chiusura e di odio totale da parte di un popolo che, sfumature interne a parte, in generale appare aperto alla modernità e al confronto .
Il problema rimane sempre lo stesso da secoli: il fatto di voler avere ragione a tutti i costi, senza neanche provare a comprendere la parte opposta, imparando a conoscerla , cercando di studiare davvero la storia, perché l’Europa e l’Islam , nonostante le crociate, nonostante la jihad, sono state in grado di dialogare e di commerciare tra loro. Esempi positivi , in questo senso , ce li forniscono San Francesco, Carlo Magno o Federico II. Esempi sicuramente degni di nota, perché alla fine, come suggerisce Zucconi: “l’odio e la rabbia sono come le famose baionette di Napoleone: li puoi usare per vincere, ma poi è scomodo sedercisi sopra per governare.”
L'autrice
Claudia Babudri
Claudia Babudri
Bibliografia e immagini:
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A.Barbero, C.Frugoni, Medioevo. Storia di voci, racconto di immagini, cap. XI, pp. 206 - 224,Laterza, 2020
C. Frugoni, Paure Medievali. Epidemie, Prodigi, Fine del Tempo, cap III, papp. 231-233, Il Mulino,
Eginardo, Vita Karoli, 21; trad. it. Vita di Carlo Magno, p.67, Roma, 1988
Epistulae et chartae ad historiam primi belli sacri spectantes quae supersunt aevo aequales et genuine, edizione a cura di H. Hagenmeyer, Innsbruck, 1901, pp. 145-146, 1901.
F.Cardini, “L’Islam é una minaccia”, FALSO! , Laterza, 2021
Fulcherio di Chartres, Historia Hierosolymitana, I,4,in RHC, History. Occ. , III, p. 324
G.Piccinni, I mille anni del Medioevo, pp. 141-158; 166 - 176; 229 - 244, o Mondadori, 2000
J.Flori , Cavalieri e cavalleria nel Medioevo, Einaudi, 1999
J.M.H.Smith, L’Europa dopo Roma. Una nuova storia culturale 500 - 1000, Il Mulino, 2008
N. Daniel, Gli arabi e l’Europa nel Medioevo, cap. V , pp. 181 - 221, Il Mulino, 2007
P. Contamine, La guerra nel Medioevo, pp. 92 -99, Il Mulino, 2014
R. Delort, La vita quotidiana nel Medioevo, cap. IV, cit.pag 201, Laterza, Bari 2009
V. Zucconi, Stranieri come noi, Einaudi, 1995
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